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V del tempo ordinario B

Festa di San Giovanni Bosco

4 febbraio 2018

Tutti cercano Gesù dopo aver visto i prodigi compiuti sui malati. Guarisce molti affetti da malattie e questo li porta a cercare Gesù perché egli continui questa opera risanatrice. Ma Gesù intuisce bene l’equivoco: egli non è venuto per sanare corporalmente, egli è venuto a sanare i cuori affetti da varie malattie spirituali e morali, più che fisiche. Attraverso i miracoli di guarigione egli vuole mostrare la potenza di Dio, ma non una potenza fine a se stessa o degna dei migliori prestigiatori, ma una potenza che mostra come Dio sappia vincere anche il male. Ma c’è un male che non si sente nel corpo, ma nel cuore: è il male che lascia il peccato compiuto dagli uomini. Quale rimedio? Quale medicina? Se guardiamo all’atteggiamento di Gesù lo capiamo subito: egli dopo aver guarito la suocera di Pietro e altri malati si ritira tutto solo in preghiera. Mentre gli uomini cercano un taumaturgo, Gesù cerca il Padre e nella preghiera si rivolge a Dio per comprendere sempre più e sempre meglio la sua volontà; volontà che manifesta in quella risposta lapidaria rivolta ai discepoli che lo invitano a tornare tra la folla che lo cerca. Dice loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini. perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». Ecco la vera medicina: la sua predicazione, ovvero la sua parola! È questa infatti che guarisce i cuori feriti consolandoli, sana i cuori induriti liberandoli da chiusure ed egoismi, cura i cuori pieni di rabbia con l’amore, il perdono e la misericordia. Non dobbiamo cercare in Gesù uno “strione”, un mago, un medico paranormale; cerchiamo in Gesù il Maestro che cura il nostro essere, la nostra personalità, il nostro cuore non con farmaci o formule strampalate, ma con la sua parola. Non confondiamolo come lo confuse quella gente; se ci diciamo cristiani, sentiamoci veri discepoli che seguono il Maestro, che comprendono la sua opera, che ascoltano la sua parola e rimangono con lui. Ma cosa significa rimanere con lui? C’è un arco che si pone alle spalle dei discepoli nell’icona che rappresenta l’incontro tra Gesù e i suoi primi seguaci: un arco che delinea una casa, un arco che dice sicurezza, un arco che ci proietta all’interno di un’abitazione. Ma può essere un arco che ci indica un riparo sotto il quale dimorare perché la nostra vita sia stabile, sicura, bella. Un arco che sta a significare la potenza di Dio che si manifesta nella premura e nella cura verso di noi, sue creature; un arco che ci mostra il suo cuore nel quale dimorare e rimanere per lasciarci amalgamare e correggere, per ascoltare la sua voce, per solidificare la nostra vita e crescere in età, sapienza e grazia. Così facendo anche il nostro cuore potrà diventare come il suo, perché rimanendo con il Maestro non potremo che diventare ottimi discepoli che realizzano la propria esistenza attraverso un serio discernimento e con scelte valorose guidate dalla sua parola. E sapremo non solo realizzare la nostra esistenza, ma aiutare anche i più giovani a fare scelte sagge, giuste, valorose per realizzare la loro vita: chiamasi vocazione. Questi verbi hanno fatto di don Bosco un grande educatore dei giovani, perché ha trovato in Gesù il vero Maestro da seguire, diventando a sua volta maestro di una gioventù sbandata. Lo è diventato perché è rimasto con Gesù comprendendo fino in fondo la sua chiamata e quale progetto aveva riservato Gesù Cristo per lui. Egli ha attratto a sé molti ragazzi, facendo anche lo “strione”, il saltimbanco, alcuni trucchi di magia, ma la vera opera straordinaria non è stata quella di tirar fuori qualche coniglio dal cilindro, ma tirar fuori dal cuore di quei giovani la loro vocazione. Egli ha saputo confidare in Cristo, restando ancorato saldamente a lui nella fede e nell’amore per quei ragazzi e ha saputo affidarli a Dio. Scriveva: “In certi momenti molto gravi, giova più una raccomandazione a Dio, un atto di umiltà a lui, che una tempesta di parole, le quali, se da una parte non producono che male in chi le sente, dall'altra parte non arrecano vantaggio a chi le merita. Ricordatevi che l'educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l'arte, e non ce ne mette in mano le chiavi”. Fidiamoci di Dio cari genitori, fidiamoci di Dio cari ragazzi, adolescenti e giovani, fidiamoci di Dio cari educatori ed egli, con la sua potenza e la sua grazia saprà indicare a tutti la via da seguire e da far conoscere. Ma per fare questo rimaniamo con lui, invochiamolo intensamente. Non cerchiamo il Signore solo perché sistemi i mali del corpo, cerchiamolo per rimanere con lui, in lui e lasciarci guidare da lui. Davvero la nostra vita si realizzerà se la mettiamo nelle mani di Dio come ha fatto don Bosco. Preghiamo il Signore Dio intensamente, perché illumini il nostro cuore e la nostra mente, invochiamolo ogni giorno perché si compia in noi il suo progetto. Anche a don Bosco si rivolgevano quei ragazzi: gli chiedevano pane perché affamati e a loro ha dato l’Eucaristia; chiedevano un tetto e li ha messi sono la potente mano di Dio; si rivolgevano a lui per opportunità e ha doto loro la capacità di crescere nella grazia di Dio, guarendo le loro ferite, sanando i loro cuori, cambiando la loro vita e offrendo loro un futuro valido. E tu, Don Bosco, prega per noi: in questo frangente non sempre roseo, ti affidiamo i nostri ragazzi, i nostri adolescenti e i nostri giovani. Hanno bisogno più che mai della tua protezione per saper rimanere con Gesù e scoprire la vocazione alla quale li chiama. E a noi educatori regala la forza di imitarti. Amen.