XXVIII del tempo ordinario B

Anniversario della Dedicazione

 delle Chiese parrocchiali

Inizio Anno Pastorale

14 ottobre 2018

Ci sono ricchezze delle quali è impossibile calcolare il valore, ci sono ricchezze di cui troppo spesso ne calcoliamo il valore. Ci sono ricchezze che contano apparentemente nulla e ricchezze a cui diamo troppa importanza e che un giorno lasceremo qui, su questa terra. Tra le ricchezze più preziose c'è il dono della sapienza, quella che dà sapore alla vita, quella che le dona il giusto valore e un gusto buono, ma che troppo spesso non prendiamo in considerazione. Di questa ricchezza non troveremo persone che chiedono quanto vale o ne dichiarano il valore, vuoi perché la stima è incalcolabile, vuoi perché non molte persone la ritengono un dono di inestimabile valore. Eppure l'autore sacro è ben deciso nel darle una graduatoria nella vita: “L'ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta”. Chi di noi sarebbe disposto a valutare la sapienza più della salute e della bellezza? Nel sentire comune la salute è il primo dei doni che si desidera, anche dal buon Dio, mentre la bellezza, soprattutto nei giovani, è la prerogativa indispensabile per uscire di casa ed essere accettati dalla società. Questa analisi è vera, perché la sapienza non rientra nemmeno nelle prime dieci cose richieste, nella top ten dei desideri di una persona. Questo ci dice quanto ci stia a cuore più l'apparenza che la sostanza, più l'esterno che l'interno di una persona, più le cose materiali che non quelle spirituali. Ma sono proprio i valori che l'occhio non vede a formare un uomo e una donna, sono proprio le cose profonde a darne spessore alla vita di ognuno. La sapienza è più luminosa della luce, la sapienza illumina anche le scelte più oscure da prendere nella vita, ci dona di discernere al meglio ciò che conta per scartare ciò che la rende piatta, senza senso, monotona e annichilita. La sapienza non è una dote, ma è la Parola stessa di Dio che penetra nelle giunture, discerne i sentimenti e i pensieri del cuore, arriva al punto di divisione dell'anima e dello spirito. Di fronte a queste parole che abbiamo ascoltato nella lettera agli Ebrei, comprendiamo bene che la Sapienza è il dono più grande che dobbiamo chiedere a Dio, perché entrando in noi ci porti a vivere nel modo più grande per puntare in alto nella vita. Duc in altum: possiamo tradurre questa espressione latina con l'augurio “Punta in alto!”; nel Vangelo di Luca la troviamo al capitolo 5, quando Gesù, rivolgendosi a Simone il pescatore, dopo una notte di pesca fallimentare, gli dice: «Prendi il largo» e aggiungerà: «Sarai pescatore di uomini». Abbiamo assai bisogno di prendere il largo nel mare vasto della Chiesa della quale siamo costituiti servitori non per bravura o capacità personali, ma solo per chiamata di Dio. Prendi il largo: lo dice anche a noi il Signore, mentre ricordiamo la consacrazione delle nostre chiese parrocchiali, perché nel vasto mare della comunità ciascuno si senta inviato ad essere pescatore di uomini, portando loro il buon profumo del Vangelo attraverso la vita vissuta. Prendi il largo: lo dice il Signore ai giovani di oggi, chiamati a spendere la propria vita al meglio, lasciandosi interpellare dal Signore per un'esistenza davvero gioiosa, davvero realizzata, che punti in alto. Oggi il Signore invita i giovani a fidarsi di Lui, ad ascoltare la sua voce, a non aver paura di dare il meglio di sé rifiutando ciò che è male, ciò che li soffoca, ciò che non permette loro di spingersi al largo. Chiama i giovani e le famiglie a interrogarsi sulla vita sacerdotale e religiosa, non come una vita frustrata e fatta solo di rinunce, ma una vita bella, entusiasmante, piena di sorprese, anche di fatiche, ma soprattutto di gioia. Se dovessero chiedermi di tornare indietro nel tempo e di scegliere cosa fare della mia vita, cambierei molte cose di me, sistemerei i miei errori, correggerei i miei tanti sbagli, ma sceglierei mille volte di mettermi nelle mani di Dio, perché egli faccia di me un suo sacerdote. Sì, per nulla al mondo cambierei vocazione, perché sono contento di Dio e della vita alla quale mi ha chiamato! Preghiamo intensamente per i nostri figli, per i nostri nipoti, per i nostri ragazzi e giovani; preghiamo in questo anno pastorale perché sboccino nuove vocazioni sacerdotali e religiose nelle nostre comunità, nella chiesa di Bergamo e nel mondo intero. E sosteniamo i giovani di oggi, perché non facciano come il giovane ricco che, pur bravo e rispettoso di tutti i comandamenti, non ha però saputo seguire il Maestro, perché troppo appesantito dalle ricchezze materiali, dal suo egocentrismo e da tutto ciò che gli ha impedito di fidarsi di Dio. E noi quali ormeggi dovremo slegare per prendere il largo e puntare in alto nella vita? Che il Signore non si stanchi mai di dirci e di ripeterci ogni giorno: Duc in altum!