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XXXIII del tempo ordinario B

18 novembre 2018

Il discorso escatologico di Gesù, che ci presenta le realtà ultime, si tinge di inquietudine. Ci parla di tribolazione e sembra anche in modo preciso, indicandocene una che deve avvenire, ma non ci dice quando. Ci mette davanti scenari terrificanti, come la luna e il sole che perderanno la loro lucentezza e il calore, ma non ci dice quando questo potrà accadere, perché - come possiamo dire in un gergo da bambini - è un segreto di Dio. Perché mai Dio deve trattenere segreti? Ci ha manifestato tutto nel figlio Gesù: cos'ha ancora da tenere in riserbo? Anche l'immagine di Michele e dell'esercito celeste suscita in noi pensieri e immaginazioni particolari e ci portano a chiederci: ma cosa succederà di così catastrofico? A questo punto penso che la nostra fantasia possa acquietarsi; senza troppa inventiva possiamo benissimo chiederci cosa ci potrà essere di più catastrofico di quanto già il nostro mondo sta vivendo. La natura si ribella all'uomo e lo colpisce proprio sottraendolo agli affetti più cari; la terra si scuote e provoca macerie, feriti e addirittura morti; l'uomo che non sa rispettare il creato si pone contro pensando di valere più del Creatore e si trova sconfitto; sconfitto dalla creazione vuole vincere e mostrarsi forte facendo guerra e usando violenza contro le creature; le creature stesse di ribellano al Creatore pensando di vivere anche senza di lui e facendo a meno della sua azione salvifica, sovvertendo il mondo, i suoi princìpi e i grandi valori della vita. Potremmo continuare nel nostro elenco, ma possiamo anche fermarci e riproporci la domanda: cosa dobbiamo aspettare di più catastrofico? Non ci basta questo? A vedere come vanno le cose sembra di no, ma la cosa più assurda è che pur riconoscendosi sconfitto, l'uomo continua a voler prevalere sul Creatore, sul creato e sulle creature. Non gli basta la sconfitta di se stesso, non gli basta aver perso dignità, decoro e ciò che lo fa essere uomo, vuole il peggio e il peggio del peggio. Si sa, come si usa dire, “non c'è mai limite al peggio”. Cosa vuole dirci il Signore prospettandoci tempi calamitosi e momenti così terrificanti? Che voglia usarli come ricatti? Vuole forse minacciarci? No, vuole solo chiederci cosa vogliamo fare della nostra vita e come penseremo di passare l'eternità, tenendo presente che ciò che seminiamo su questa terra lo raccoglieremo come ricompensa in cielo. Il Signore non vuole metterci paura, ma semplicemente vuole che in noi ci sia il timore di ciò che noi stessi commettiamo quando ci allontaniamo da Lui, dalla sua azione in noi, dalla sua chiamata a collaborare con lui al disegno della creazione e all'opera della salvezza. Tutti noi infatti siamo chiamati ad essere collaboratori di Dio, chi in un modo e chi in un altro, chi adempiendo ad una vocazione, chi ad un'altra. Qualcuno poi attraverso il ministero sacerdotale e la vita consacrata è chiamato a cooperare con Dio all'opera di salvezza: chi annunciando la Parola di Dio e l'esempio santo di una vita tutta votata a Dio, chi, oltre a questo, è chiamato a rendere presente il Signore nell'opera dei Sacramenti, concedendo a Dio di entrare nella vita dell'uomo e continuare la sua bella azione creatrice, iniziata dai tempi antichi con la creazione. La via sacerdotale e religiosa è quella al giorno d'oggi che fa più paura, quasi come gli eventi catastrofici che Gesù ci ha preannunciato nel Vangelo. Ma perché? Perché abbiamo così paura a chiederci se i nostri figli, i nostri ragazzi non siano chiamati proprio a questo? Perché i ragazzi hanno paura della vocazione sacerdotale e religiosa come fosse un terremoto che sconvolge la vita? Sì, effettivamente lo è, ma posso dire che è un bel terremoto, di quelli che –  a differenza di altri – fa bene, scuote l'esistenza, te la fa prendere in mano con coraggio e permette di giocarla pienamente non secondo i propri interessi, ma secondo il disegno di Dio. Quanti terremoti, quante catastrofi e calamità si cercano i nostri ragazzi, quanti disastri succedono proprio quando anziché ascoltare la voce di Dio ascoltano quella suadente e ingannatrice del mondo e di molti coetanei che li inducono a prendere il largo per mari in tempesta facendo loro credere che è solo un'alta marea navigabile? Non dobbiamo impaurisci davanti a Dio, non dobbiamo temere le catastrofi di cui ci ha parlato nel Vangelo; temiamo piuttosto quelle che ci procuriamo con le nostre stesse mani e facendoci coraggio prendiamo il largo per essere collaboratori di Dio e del suo regno già su questa terra, per entrare a testa alta nell'eternità.