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III di Avvento C

16 dicembre 2018

«Che cosa dobbiamo fare?», chiedono a Giovanni Battista per vivere un cammino di penitenza e conversione. «Che cosa dobbiamo fare?», è la domanda di chi chiede delucidazione su ciò che lo aspetta, su quanto deve compiere. «Che cosa devo fare?», è la domanda del bambino rivolta ai genitori quando si trova impacciato e non sa come cavarsela, ma è anche la domanda dell’alunno rivolta all’insegnante quando il compito assegnato diventa difficile da risolvere per mancanza di nozioni atte allo svolgimento di quanto richiesto. «Che cosa devo fare?», è la domanda di chi non vede chiaro davanti a sé il tragitto, di chi vuole essere guidato verso una direzione o più semplicemente è la domanda che tutti devono porre a Dio a riguardo del proprio futuro, in particolare è cosa buona e giusta che siano i più giovani a porre a Dio questa domanda. Ma, ahimè, questa domanda non so quanti se la pongono. Infatti al classicoquesito: «Cosa farai da grande?», i più piccoli giocano di fantasia, che è cosa positiva, perché significa che hanno davanti a sé la percezione che il futuro li aspetta, mentre quando iniziano a crescere, i dubbi si fanno sentire e spesso si cade nella risposta più rassegnata e disinvolta: «Non lo so». Certamente se quel «Non lo so» è una risposta che sta a significare un pensare e ripensare alla propria vita è buona cosa; se è una pezza per non pensarci, allora siamo davanti a ragazzini che vivono la giornata, che non hanno un ideale di vita e non si pongono il problema. Ma cosa sarà del loro domani? Che giovani saranno fra non molti anni? E che adulti diventeranno senza una prospettiva, senza un progetto, senza un futuro anche solo immaginativo, perché il presente è tutto puntato sul virtuale? Allora bisogna darsi da fare per dare e per ricevere consigli. La domanda posta a Giovanni Battista è la classica domanda di chi chiede consigli. Dietro però ogni richiesta di aiuto o di consiglio si nasconde sempre da parte di chi lo riceve una fiducia che non può non essere considerata, perché è proprio in virtù della fiducia che ognuno accetta o rifiuta un consiglio, valutando se esso sia buono o meno buono. E chi sono le persone che danno consigli? Sono coloro che ci stanno accanto e si dichiarano amiche. Chi di noi infatti non si fida, oltre che dei propri cari, anche degli amici. L’amicizia è quella realtà che va a formare un gruppo, tanto che gli amici si identificano tra loro parlando di un “noi” che caratterizza profondamente l’appartenenza a un insieme di persone. L’amicizia però, per essere tale, deve essere disinteressata, deve saper portare a dare buoni consigli, a mettere l’amico sulla rotta giusta, a dare indicazioni buone per una vita riuscita. Ora non so se nel mondo adulto questo avvenga, mi chiedo però se tra giovani o giovanissimi questo accade. Tra amici ci si da ancora dei consigli? I nostri ragazzi sanno ancora identificare i veri amici attraverso i buoni consigli o vivono questo sentimento di appartenenza a un gruppo come l’adesione a un branco? Spesse volte si scambia l’amicizia con una semplice compagnia, uno stare insieme neanche troppo impegnativo, un semplice parlare del più e del meno, affrontando discorsi semplici o a volte anche banali, per non dire stupidi. Questo avviene nei ragazzi, come negli adulti. Ma discorsi seri, sulle proprie scelte di vita si affrontano ancora nel mondo di oggi seduti al tavolo o su una panchina? Come posso allora dire: «Mi fido di noi», se tra noi non c’è quella volontà di confronto, di dialogo, di correzione fraterna, proprio come faceva il Battista con quelle persone che si rivolgevano a lui e che tra l’altro non erano legate neanche da una lontana amicizia? Cosa mi porta a dire: Signore, sulla tua parola mi fido di noi, mi fido dei miei amici? Cosa mi spinge a fidarmi ciecamente di loro? Solo la spensieratezza che ci accumuna? Solo per il fatto che giochiamo a carte insieme o chiacchieriamo, ma senza addentrarci troppo in discorsi di spessore? Gli amici non sono quelli con cui si fanno stupidate da giovani e si azzardano dialoghi di livello medio-basso da adulti. Gli amici sono coloro con cui ci si confronta e proprio perché posso fidarmi veramente mi permetto di chiedere loro: Cosa devo fare? cosa mi consigliate di fare? Ma quante volte avete sentito dei ragazzi confrontarsi sul loro domani, per non parlare poi di vocazione sacerdotale o religiosa? Fanno fatica a dirsi che scuola sceglieranno dopo le medie, o se lo fanno è giusto per sapere se saranno ancora insieme, figuriamoci se riescono a dirsi che la vocazione di speciale consacrazione potrebbe fare al loro caso: non sia mai! Che vergogna! Tutt’al più si confrontano tra ragazzi sulla marca del cellulare più bella e su chi possieda lo smartphone migliore per bullarsidavanti a tutti. Però, se questa è la vera amicizia che si coltiva oggi, quella che crescerà domani, di che tipo sarà? Ma quanto ci si contagia oggi di cose belle tra amici, come è la fiducia nell’avere accanto persone valide? Riusciremo e riusciranno i nostri ragazzi e giovani a vivere l’amicizia vera, quella che ci porta e li porta ad essere gli uni per gli altri stelle luminose nel buio del mondo?