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IV di Avvento C

23 dicembre 2018

Maria, dopo aver ricevuto l'annuncio dell'angelo Gabriele che, per volontà di Dio le chiedeva di essere la Madre del Salvatore, apprende dal messaggero che Elisabetta, sua lontana parente, si trova incinta benché sterile e avanti negli anni. Non sono particolari da trascurare questi, perché se guardiamo all'atteggiamento di Maria che subito decide di mettersi in cammino verso la cugina e in fretta vuole raggiungerla, questo denota quanto Maria si fidasse di uno che, entrato in casa sua le ha dato queste notizie. Quanta fiducia Maria ripone in questo angelo dalle sembianze umane. Pur non conoscendolo si fida e accetta la volontà di Dio di diventare la madre di Cristo e in seconda battuta si fida di un'altra strana notizia: Elisabetta, sterile e anziana, ha concepito un figlio che porta in grembo già da sei mesi. Non è così semplice tutta questa storia, non sono semplici da mandar giù tutte queste assurdità, non è così scontato credere a tutto quello che ti dice il primo sconosciuto che ti capita davanti dicendoti cosa fare. Eppure Maria non dimostra di fidarsi della parola di Gabriele soltanto con il suo Eccomi, bensì attraverso la rapidità nell’andare da Elisabetta e, tra l'altro, non per curiosare se fosse vero, ma per assisterla negli ultimi mesi di gravidanza. È proprio vero che la volontà di Dio è quasi impossibile da capire e queste  vicende ne sono una testimonianza. Figuriamoci noi, che non abbiamo visioni di angeli o arcangeli, se troviamo facile credere alla chiamata di Dio. Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio – si dice –. Spesso però anche chi non conosciamo o non frequentiamo assiduamente può aiutarci a prendere una decisione giusta nella vita. Anche quegli incontri che spesso disdiciamo, come quelli formativi che mettono in discussione la nostra vita, possono presentarci quell’altro che ci aiuta a riflettere sulle scelte da prendere nella vita personale o familiare. E l’altro è colui che mi spinge a uscire da me stesso e dalle mie convinzioni per incontrare un progetto, un po’ come quello di Dio su Elisabetta ha spinto Maria a non restare con le mani in mano, a dirigersi verso la cugina prontamente, senza che nessuno la obbligasse. Pensando ancora alla chiamata del Signore più temuta e più accantonata, quale quella sacerdotale e religiosa, mi rendo conto come non sia facile rispondere. Andando indietro con gli anni nemmeno io ricordo come sia arrivata questa chiamata e come sia stata la mia risposta. Ecco perché la vicenda di Maria, di Elisabetta, di suo marito Zaccaria e di tutte le persone che troviamo intorno a questa vicenda della nascita di Cristo, non in ultimo anche San Giuseppe, sa di strano. Almeno loro hanno avuto la fortuna di avere un angelo che ha loro parlato in nome di Dio. Ma noi? Noi chi abbiamo avuto o abbiamo tutt’ora di cui fidarci e che ci parli in nome di Dio? Forse a scandagliare bene nella nostra vita qualcuno lo troviamo. Troviamo persone venute dal nulla, che la nostra vita ci ha fatto trovare davanti e che ora sono diventate inconsciamente parte integrante e fondamentale della nostra vocazione. Chi si ricorda della propria maestra o delle proprie insegnanti? Chi dei professori o dei compagni di scuola? Chi si ricorda del proprio curato o parroco o della suora che un giorno hanno detto una parola importante o ci hanno permesso di fare un'esperienza forte? Chi si ricorda di loro? Forse vagamente? O forse in modo dettagliato? Col senno di poi, oggi, possiamo dire che sono proprio loro quell'altro di cui ci siamo fidati, perché senza esserne pienamente consapevoli ci hanno indicato la direzione da prendere e, come Maria, anche noi ci siamo messi in moto verso una direzione che neanche conoscevamo e che adesso possiamo dire essere la nostra realizzazione. O almeno lo speriamo. Come vorrei che tutto questo avvenisse per i nostri giovani, per i nostri ragazzi. È come prendere la barca e dirigersi in mare aperto: non si hanno punti di riferimento, ma il sole e le stelle sono un punto fondamentale. Come vorrei che ciascuno ricordasse queste stelle incontrate nelle vita e come vorrei che ciascuno avesse la consapevolezza di poter essere una stella per gli altri, in particolare per i più piccoli e i più giovani. Come vorrei che i ragazzi oggi potessero vedere delle stelle nella figura degli insegnati e allenatori, nella persona dei preti incontrati e di alcune suore, nel volto e nelle parole dei catechisti e di ogni persona che abbia detto anche solo una piccola espressione che li aiuti a prendere la giusta rotta. E speriamo che quel dito puntato verso la direzione giusta, nella quale ci vedo per qualcuno anche la vita sacerdotale e religiosa, possa essere motivo valido per dire: «Sulla tua parola, Signore, mi fido dell'altro».