Sacra Famiglia C

30 dicembre 2018

L'esempio di Anna, madre di Samuele, ci sta davanti come una stella della quale seguirne la rotta. Ci racconta il libro di Samuele ciò che Anna disse al marito: «Non verrò, finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà là per sempre». Così, ci racconta ancora il libro del profeta Samuele, dopo aver svezzato il bambino, lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un'efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era ancora un fanciullo. Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli, sommo sacerdote, e lei disse: «Perdona, mio signore. Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch'io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore». E si prostrarono là davanti al Signore. Perché Anna ci è di esempio ed è di stimolo a molti genitori? Anna offre al Signore suo figlio, quel figlio ricevuto dalla grazia di Dio che ha ascoltato la sua preghiera, facendola passare da una situazione di sterilità generativa ad una di fertilità nel corpo e nella fede. Partorire un figlio non equivaleva solo a dare vita ad una discendenza, ma era un segno tangibile della benedizione del Signore. Ottenuto questo figlio tanto atteso e sospirato, Anna non lo tiene per sé: dal Signore lo ha avuto, al Signore vuole offrirlo. La conosciamo poi la vicenda di questo bambino che, chiamato tre volte dal Signore, risponde: «Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta», diventando così uno dei più grandi profeti dell'antico testamento. Ma come poteva Samuele rispondere alla chiamata del Signore, se prima di tutto sua madre Anna non lo l'avesse offerto al Signore? Come poteva conoscere la voce del Signore, se nessuno gli faceva conoscere il Signore? Ecco perché Anna deve essere per i genitori di oggi uno stimolo: offrire i propri figli al Signore non significa abbandonarli, ma metterli in mani sicure, più delle nostre, perché solo il Signore sa cosa è bene per ciascuno e al momento opportuno chiama ognuno a realizzare un progetto che va ben oltre le aspettative di una madre, di un padre o dell'interessato stesso. Fidarsi di Dio non è semplice, come non sarà stato semplice per Anna consegnare suo figlio al Signore, ma di quel bambino Dio ha saputo farne un suo grande messaggero. Quante volte per un padre o una madre avviene ciò che hanno provato Maria e Giuseppe quando non trovavano più il Figlio di Dio, quante volte sentimenti di angoscia vera pervadono i genitori quando non vedono per i figli un futuro buono, o li vedono perdersi nelle oscurità della vita. L'angoscia, ci dicono Maria e Giuseppe, è un sentimento umano, normale, che non possiamo levare dal nostro cuore, perché fa parte dell'indole di ogni genitore, o almeno dovrebbe far parte, visto che al mondo d'oggi si trovano ancora genitori adolescenti che non vedono il motivo di cui preoccuparsi per i propri figli. Eppure questo sentimento di angoscia denota come nei genitori è importante avere uno sguardo sui figli perché non si perdano. Magari si perdessero oggi come si è perso Gesù, restando cioè nel tempio a parlare di Dio Padre. Purtroppo non corriamo questo bel rischio. Cosa fare allora? Quello che hanno fatto i genitori di Gesù: tornare indietro sui propri passi, cercare chi si è perso e fidarsi di un Dio che già sconvolge la vita con la nascita di una bella creatura e che ora, avendo a che fare con l'età adolescenziale, mette in guardia e fa capire che i figli non vanno persi di vista, ma guidati e accompagnati. Non è facile. Penso che per un genitore sia più facile mettere al mondo un figlio che educarlo. Eppure Maria e Giuseppe, obbedendo al progetto di Dio, non mollano e questo compito educativo vogliono portarlo avanti fino in fondo, benché quel ragazzino fosse il Figlio di Dio. Così anche noi continuiamo a fidarci di ciò che Dio chiede alla nostra vita di educatori: non perdiamo di vista i nostri ragazzi, diventiamo per loro una stella luminosa e non dimentichiamoci mai di offrirli al Signore, perché faccia di loro un capolavoro meraviglioso, fosse anche chiamandoli alla vita sacerdotale o religiosa, come avvenne per il piccolo, ma grande Samuele.