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Passione del Signore

19 aprile 2019

Una lancia trafigge il costato di Cristo morto sulla croce e da quel costato scaturisce sangue ed acqua. Quella goccia d’acqua è segno di vita, una vita spezzata come lo è il costato di Cristo da una lancia. Abbandonando quel corpo inerme appeso sulla croce, il segno della vita diventa segno di vita per coloro che stavano sotto la croce in quel venerdì santo, come diventa una goccia di vita per noi che stiamo ai piedi della croce in questo venerdì santo. Per chi muore di sete, basta una goccia a lenire l’arsura, così come basta quella goccia dal costato di Cristo per dissetare tutta l’umanità assetata di Dio. Come da una goccia d’acqua che scaturisce dalla roccia sulle più alte montagne vengono a formarsi grandi fiumi che riempiono il mare, così dalla roccia del costato di Cristo innalzato sulla croce sulla sommità di quella montagna, il Golgota, scaturisce una goccia d’acqua che è diventata un mare immenso nel quale ogni cristiano è immerso. E proprio in questo mare che è il mondo, ogni sacerdote, chiamato dal Signore a prendere il largo per gettare le reti, deve come Cristo morire a se stesso per donare tutta la sua vita. Il consacrato al Signore deve uniformarsi a Cristo e deve essere capace di lasciarsi squarciare il cuore, perché non solo sia traboccante di amore, ma perché in quella fessura deve raccogliere tutti i pesci che il Signore pone nella sua rete, piccoli e grandi, giovani e anziani. Tuttavia per lasciare il posto a loro, deve togliere se stesso e i suoi interessi, le sue comodità e le sue aspirazioni. Quante volte, navigando in questo vasto mare della nostra società, si sono trovate critiche pesanti a quei sacerdoti e vescovi che hanno cercato il proprio prestigio, la realizzazione delle proprie aspirazioni, la smania per i posti d’onore. Certamente non è facile stare in un mare così inquinato, tuttavia la morte di Cristo ci insegna a ritornare alle origini, a quando il Signore chiamò sulla riva di quel mare i suoi apostoli, non per donare loro troni di gloria, ma per condurli sotto la croce e far comprendere loro che chi segue lui deve saper morire a se stesso. La lezione era chiara, ma guarda caso solo la Madre con il discepolo amato stettero sotto la croce: solo chi ha compreso veramente cosa significhi morire a se stessi per donarsi agli altri resta fedele fino alla fine. In tutto ciò ogni cristiano deve sentirsi implicato, perché siamo tutti nella stessa rete e sulla stessa barca: i laici sono chiamati ad offrire la loro vita, le loro preghiere, i loro sacrifici in sostegno dei sacerdoti, li riportino all’origine della loro chiamata e li conducano con il loro esempio fin sotto la croce, proprio lì dove devono ogni giorno imparare da Cristo a morire a se stessi per donarsi completamente alla Chiesa. E conducete anche me sotto la croce: lì possa buttare la mia àncora che mi permetta di non fuggire in preda alle onde dei miei interessi, ma mi mantenga saldo e fedele alla mia chiamata. L’àncora: potremmo definirla la croce del mare che si staglia nelle profondità marine come la croce nelle profondità della terra e come la lancia nella profondità del costato di Cristo, in quel corpo sacrificato per noi sull’altare del sacro legno. Sono ancora impresse negli occhi di tutti le immagini terribili dell’incendio della cattedrale di Parigi, la grande Nostra Signora (Notre Dame): c’è un particolare che colpisce, ossia come sotto quel rogo si siano salvati la Croce e l’altare. Ecco l’àncora della nostra salvezza: la Croce e l’altare del sacrificio. In una barca, la Chiesa, che spesso brucia e sembra andare a fondo in balìa delle tormente del mare di questo mondo, il sacerdote da lì deve partire, da questa àncora di salvezza che sono la Croce e l’altare; deve stare saldo il sacerdote, per rendere saldi coloro che Cristo, Maestro e Signore, gli ha affidato.