Cena del Signore

13 aprile 2017

Dopo aver coltivato il grano, ecco giunto il momento della mietitura. Gesù, che si fa pane spezzato per noi e ci dona nella Cena se stesso come cibo per la nostra fede, ci insegna che lo stesso pane viene da un’infinità di chicchi che giunti a maturazione devono essere macinati per farne farina. Cosa impariamo dal frumento? Cosa ci insegna Gesù Cristo? Egli, venuta l’ora di dare la vita per i suoi, avendoli amati fino in fondo, prese il pane, rese grazie, lo spezzò, lo diede loro e disse:  «Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo offerto». Gesù si offre, non lo fa obbligato da nessuno, perché quello che vuol far comprendere ai suoi che siedono a mensa con lui è che l’amore è offerta libera, è dare tutto se stessi. E l’amore, quando è vero e quando è maturo, diviene un buon raccolto. Sì, perché ciascuno di noi quando ama e offre se stesso raccoglie i frutti di questo amore che sono la carità, il disinteresse, la solidarietà, la capacità di andare oltre se stessi e guardare al di là del proprio orticello. Perché il proprio orto potrebbe essere quello più bello del paese, ma non potrà mai essere equiparato al campo di Dio che è la Chiesa, nel quale cresce il buon grano, per un’abbondante mietitura. E l’amore è così. Gesù si è offerto e si offre a noi oggi nel pane spezzato, perché impariamo anche noi a spezzarci gli uni per gli altri. Si è spezzato perché anche noi diventiamo come un chicco di frumento che non ne genera uno solo, ma tanti, tanti chicchi per una moltiplicazione a dismisura. E questo è quanto è avvenuto con Cristo. Maturato il tempo della sua mietitura, Cristo, attraverso la sua passione, vuole lasciare a noi il suo amore che non può essere trattenuto, ma che si moltiplica a dismisura. Quando nella vita seminiamo il bene, non potremo che raccogliere il bene moltiplicato per il trenta, il sessanta, il cento per cento. Quando invece ci chiudiamo in noi stessi, pensiamo solo a coltivare il nostro orto, i nostri interessi, i nostri piaceri potremo notare come dal nostro appezzamento di terra non crescerà molto. È l’esperienza che vogliamo fare oggi, che hanno fatto i nostri ragazzi: dalla coltivazione personale del grano sono spuntati pochi germogli, per non dire niente. Ma quei semi in quella terra, rinchiusa in un piccolo vaso, se portati nel campo più vasto della Chiesa, della Comunità sapranno dare un raccolto abbondante. Ecco perché Gesù spezza il pane per offrirsi: per insegnarci a offrirci e a donare il nostro piccolo appezzamento di terra, il nostro cuore, a una comunità che sa unire quello che ciascuno è e quello che ciascuno può offrire di sé e delle sue qualità per un raccolto abbondante che è la gioia di vivere da fratelli, nel Figlio di Dio, Gesù Cristo, Signore nostro. Ma fino a quando non uniremo il nostro vasetto o la nostra zolla di terra a quella degli altri non avremo mai quello splendido campo nel quale coltivare l’ottimo grano che darà un buon pane e tanto altro frumento. E anche di più. Spezzando il pane per i Dodici prima, in questa stessa notte, e poi per i due di Emmaus la sera di Pasqua, Cristo vuole aiutarci a compiere questo passaggio. E vuole continuare ad aiutarci a mietere grano, avendo però l’attenzione di separarlo dalla zizzania che si insinua tra le spighe. Ci aveva già messi in guardia. Il regno dei cieli – disse Gesù – è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: «Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?». Ed egli rispose loro: «Un nemico ha fatto questo!». E i servi gli dissero: «Vuoi che andiamo a raccoglierla?». «No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio». Questo avviene quando nel campo di Dio non siamo capaci di offrirci gli uni agli altri per amore, quando pensiamo ai nostri interessi, quando non amiamo Cristo e il suo Campo, la Chiesa. E allora non ci resta che lasciarci lavare non i piedi, ma il cuore, perché purificato da questo gesto di totale disinteresse e di pieno amore, possiamo amarci davvero gli uni gli altri, donando noi stessi e divenendo noi stessi buon frumento per un raccolto abbondante di amore, di pace, di serenità comunitaria. E la zizzania? Raccoglietela per prima e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio, dice il Signore.