III di Pasqua A

Domenica della Riconciliazione

30 aprile 2017

Pietro, proprio colui che aveva rinnegato Gesù, dopo la risurrezione del Maestro, con la forza dello Spirito, parla apertamente alla folla, senza timore e senza paura. Non si astiene dal rinfacciare ai Giudei come siano stati loro, a causa  della propria ignoranza su Dio e sul Figlio suo, a crocifiggere Gesù Cristo. Ma da questa morte Dio ne ha tratto una vita nuova. Lo ha fatto con Pietro affidandogli la guida della comunità, lo fa con i Giudei chiamandoli a conversione facendoli uscire dall’ignoranza su quanto i profeti avevano scritto. Lo fa con noi, che come i due discepoli di Emmaus pensiamo già di conoscere tutto di Gesù Cristo chiudendoci nelle nostre fisime e nei nostri preconcetti. Ma Dio chiama anche noi a conversione. Ci chiede di non fermarci ai nostri preconcetti su Dio e lo fa attraverso le parole di Pietro: “Se chiamate padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le sue opere, comportatevi con timore di Dio”. Pietro non ci sta dicendo che dobbiamo aver paura di Dio - questo è uno dei tanti preconcetti che abbiamo su Dio - e non ci sta dicendo nemmeno l'opposto, cioè che Dio è talmente buono da non guardare al male che compiamo - e questo è un altro preconcetto su Dio sviluppato soprattutto nella nostra società dove il relativismo la fa troppo da padrone -; ci sta però dicendo che davanti a Dio siamo chiamati a compiere azioni che egli stesso giudicherà, azioni che se sono buone non ci faranno sicuramente temere il giudizio di Dio. Ma qualora non fossero buone, possiamo sempre convertirci lasciandoci scaldare il cuore, come hanno fatto i due viandanti verso Emmaus, per poter far chiarezza nella nostra vita, abbandonando ciò che è male per fare ciò che è bene ed è gradito a Dio. Non solo è gradito a Dio, ma ciò che Dio gradisce non è altro che la nostra gioia, la nostra felicità e la nostra piena realizzazione. Non compiamo qualcosa di buono solo per fare un piacere a Dio o per tenercelo buono al momento opportuno, ma perché compiendo ogni bene noi possiamo trovare la vera felicità che Dio desidera per noi suoi figli. Siamo sempre a tempo a cambiare direzione. I nostri compagni di viaggio ce lo insegnano: tornavano a casa delusi e amareggiati, criticando e sparlando contro Cristo e contro le donne che avevano portato loro di buon mattino il lieto annuncio della risurrezione. Ma riconoscendo il risorto a mensa con loro, dopo essersi lasciati scaldare il cuore dalle sue parole, sono tornati sui loro passi e diretti verso Gerusalemme hanno loro stessi portato l'annuncio di Cristo risorto agli altri. In quel riconoscimento è avvenuta la loro conversione. Sono passati dalla critica all’annuncio. Solo riconoscendo Cristo risorto presente nella nostra vita potremo convertirci e cambiare strada, cambiare modi di fare, di dire, di agire. Questo avviene riconoscendo il Signore che agisce nei sacramenti che egli stesso attraverso la sua Chiesa ha istituito. La Confessione o la Riconciliazione che dir si voglia, è quel Sacramento che ci permette di riconoscere i nostri sbagli, di farne tesoro per non commetterli più, ma soprattutto è la grazia di Dio che si affianca a noi, come il Risorto sulla via per Emmaus, e ci da la forza per ripartire, cambiando strada, per prendere quella giusta che il Signore ci indica. Ma ahimè, troppo spesso non vogliamo farlo. Abbiamo paura più di noi stessi che del giudizio di Dio. Siamo umani e spesso sbagliamo, ma non possiamo far sempre finta che tutto sia lecito e tutto sia giusto. Il Sacramento della purificazione, della Riconciliazione, del Perdono, quale è la Confessione, ci permette di fare tutto questo. Purtroppo però questo mondo sembra portarci in altra direzione. Tutti fanno ciò che hanno in testa, molti non vogliono più confrontarsi con Cristo e con gli insegnamenti della Chiesa perché non accettano di sentirsi dire che il peccato esiste e che spesso cadiamo nel peccato. Ci siamo ammalati di perfezionismo, vogliamo essere perfetti come Dio, ma non abbiamo capito che Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio per ristabilire quell’equilibrio che il peccato ha destabilizzato. Siamo chiamati alla perfezione, o forse è più bello dire che siamo chiamati alla santità, perché Dio si è fatto uomo per elevare l’uomo a Dio. Ma perché questo avvenga occorre prima di tutto riconoscere di essere peccatori e bisognosi della misericordia e della grazia di Dio che ci permetta di risorgere in Cristo a vita nuova. Ci siamo ammalati di onnipotenza e tutto ciò che compiamo, il nostro modo di vivere, di agire, di parlare è sempre corretto, pensiamo. Cosa vuole Cristo da noi? Vuole solo rimetterci sulla strada giusta, come ha fatto con i due discepoli, vuole farci sperimentare l’amore di Dio che non ci giudica, ma ci perdona, perché il nostro errore possa trasformarsi con la sua grazia in qualcosa di nuovo e di positivo. Ci mascheriamo dietro al fatto che non abbiamo peccato, forse per la non voglia di confessarlo o forse perché ciò che ci fa veramente paura è lo stesso nostro peccato. Apriamo invece il nostro cuore al Signore, come hanno fatto questi due amici, lasciamocelo scaldare dalla misericordia e dall’amore di Dio, accostiamoci più spesso al Sacramento della Confessione, per rinascere a vita nuova e sentirci più bisognosi di quel Medico, Cristo, che non è venuto a guarire i sani, ma i malati.