I di Avvento B
3 dicembre 2017
“Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema?”, si chiede Isaia. Ma siamo certi che sia il Signore a tenerci lontano dalle sue vie o non piuttosto noi che siamo lontani da lui, “perché abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli”? Quando il peccato infatti si impossessa del cuore umano lo stordisce, lo annienta, lo addormenta. Ecco perché il Signore a più riprese ci ha detto: «Vegliate!». Il peccato diventa un anestetico del cuore che lo fa assopire e lo porta lontano da Dio, anche dove il cuore stesso non vorrebbe. «Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati». Dentro questa casa dove il Signore vuole abitare, dentro la stanza del nostro cuore, egli arriva quando meno ce lo aspettiamo. Sì, arriva per chiamarci con sé, ma la venuta del Signore non riguarda solo la nostra dipartita da questo mondo. Egli arriva inaspettato per qualsiasi cosa, anche per chiamarci ad una qualsiasi vocazione: sacerdotale, religiosa, missionaria, matrimoniale, lavorativa, sociale, sportiva. Egli ci chiama sempre, egli desidera abitare dentro di noi per tenerci svegli, attenti, attivi e per questo occorre rispondere prontamente. Dentro questa casa, come in ogni casa, troviamo l’ingresso, con la porta di casa. Quella porta sempre aperta soprattutto quando si aspetta una persona invitata, desiderata o ritardataria. Come non pensare a quelle mamme che il sabato sera attendono vigilanti il ritorno dei loro giovanotti a casa, magari dopo una lunga, a volte troppo lunga serata in compagnia. Non dormono le mamme fino a quando non sentono rincasare i propri figli. Non dormono le mamme fino a quando i propri figli non sono dentro la porta, non dormono le mamme: vegliano. Sono attente ad ogni rumore, alle macchine che passano sulla strada, al garage che si apre, alla maniglia della porta che si abbassa. È il cuore amorevole che le tiene sveglie, attente ad ogni cosa. Questo cuore vigile, questo cuore attento, questo cuore che non dorme deve essere il cuore di ognuno che attende la chiamata del Signore ad una vita totalmente offerta a lui nei fratelli; un cuore vigile che sa essere attento al Signore che si manifesta nei bisogni della Chiesa, della comunità civile e sociale o nelle singole persone. Se penso ad esempio alla questione politica e sociale mi chiedo quanti sono i giovani di oggi che sono attenti a questa chiamata? Quanti sono i giovani che desiderano intraprendere la strada della vocazione politica, civile, amministrativa? Quanti si rendono disponibili a prendere in mano la propria vita e donarla al paese, allo stato, alle istituzioni servendo Dio nella res publica, nella cosa pubblica, nella politica. Forse che questa non sia una vocazione? Tutt’altro. È una delle più grandi e alte vocazioni nelle quali Dio vuole abitare per il bene di ogni cittadino. Certamente lo scenario pubblico e politico del nostro tempo non stimola affatto ad intraprendere questo cammino per nulla semplice, eppure occorre stimolare i nostri ragazzi e giovani anche a prendersi cura di questa nostra società così confusa, così anestetizzata da tanti sbandamenti, così addormentata dal menefreghismo generale. Vogliamo parlare della vocazione sportiva? Quante persone riempiono gli stadi, quante gli autodromi, quante le palestre? Molte di più incollate davanti alla televisione per tifare la squadra o lo sportivo del cuore. Per non parlare dei genitori attaccati alle reti dei campi sportivi per impartire ai propri figli lezioni di sport come se avessero in casa il campione mondiale della situazione. Poi quando si organizzano serate interessanti e importanti per riflettere sulla vocazione sportiva, con campioni di vita prima che di sport, dei genitori sfegatati per il proprio figlio o la propria figlia non si vede neanche l’ombra. Maestro, dove abiti? È il desiderio di conoscere chi è davvero il Signore, è il desiderio di farlo entrare in casa nostra perché illumini di più la nostra esistenza, quelle delle famiglie, quella dei giovani. È il desiderio di chi desidera stare con il Signore, abitare con lui per lasciarsi guidare sulle strade della vita, incontro a quelle diverse vocazioni che ci portano a compiere il bene, qualsiasi bene con lo stile disinteressato di quelle madri che attendono l’arrivo notturno o pomeridiano dei figli. Dobbiamo aprire il cuore come si apre la porta di casa, dobbiamo avere un cuore attento come chi veglia all’ingresso di casa e attende la persona amata, dobbiamo avere un cuore che sappia aspettare la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli ci renderà saldi sino alla fine, irreprensibili – dice l’apostolo Paolo – pronti a rispondere alla chiamata che il Signore ci rivolgerà o che ci ha già rivolto. Affidiamoci al Signore, perché, scrive Isaia, “tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani”. Lasciamoci plasmare il cuore, lasciamo che sia lui ad abitare la nostra casa, la nostra esistenza. Stiamo anche noi all’ingresso di casa nostra, della nostra vita, per spalancargli la porta del cuore appena egli ci chiamerà a seguirlo nel servizio della Chiesa, della società, in ogni fratello o sorella che in un preciso momento ha bisogno del nostro aiuto disinteressato. Ma quando ci chiamerà, quando busserà alla porta, quando sarà questo momento? «Fate attenzione, – ci dice – vegliate, perché non sapete quando è il momento».