III del tempo ordinario A

26 gennaio 2020

Scrive San Paolo alla comunità di Corinto: “A vostro riguardo, fratelli, mi è stato segnalato dai familiari di Cloe che tra voi vi sono discordie”: insomma, un problema di ieri come di oggi. È proprio vero che la discordia risale alle origini, fino al periodo di Caino e Abele, quando tra fratelli ci si detestava e l’invidia la faceva da padrone. Questo grave peccato getta nelle tenebre ogni uomo che fa della divisione la sua arma vincente, pensando di vincere battaglie e guerre, raccogliendo poi solo una grande tristezza e una povertà inaudita. Siamo invece invitati dal Signore ad aprirci alla gioia della relazione con lui e tra noi, facendo della nostra vita una luce che illumina coloro che ci circondano. Questo deve avvenire soprattutto nelle nostre famiglie: i ritmi di oggi, il mondo che cambia alla velocità della luce, le paure nascoste portano spesso a dividersi anche all’interno delle mura di casa, tra discussioni e spesso litigi che fanno male a chi li vive e ancor di più a chi li subisce. Capita certamente di avere qualche divergenza, ma sempre e in ogni momento deve trionfare quell’armonia che edifica, rafforza, fa star bene, quella luce che il Signore ha portato sulla terra e che si deve manifestare nelle nostre famiglie e nelle comunità. Quanta tristezza si avverte in quelle case dove regna il buio dell’incomprensione, quanta amarezza tra quelle mura dove è finito il vino buono dell’amore. E questo vale anche per una comunità dove le divisioni sono fitte come le tenebre della notte. Cosa fare? Torniamo alla terra di Zàbulon e di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Sì, dobbiamo tornare in Galilea, là dove Maria, a quella festa di nozze disse ai servi di quel banchetto: «Fate quello che [Gesù] vi dirà». Ma perché questo avvenga è necessario metterci alla sequela del Signore, come fecero i primi apostoli all’inizio di questa affascinante storia, all’inizio della vita pubblica del Signore, all’inizio della Chiesa. Dobbiamo anche noi, nei panni di quei servi, seguire il Maestro in tutto ciò che egli ci dice, ci insegna e ci indica come condizione perché la Chiesa, le nostre comunità e le nostre famiglie gustino il vino buono dell’amore, un tesoro prezioso custodito, come dice san Paolo, in vasi di creta. Queste anfore non sono che la figura delle nostre famiglie, belle, ma nello stesso tempo fragili. Scrive l’apostolo ai Corinzi, nella sua seconda lettera inviata a questa comunità: “Noi, infatti, non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo. Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi” (2Cor 4,5-7). Siamo tutti servitori nelle mani del Maestro, Gesù, perché nelle nostre famiglie venga ancora annunciato il vangelo della Grazia nelle vicende di ogni giorno, nelle scelte educative quotidiane, nelle decisioni che ogni mattina si presentano sulle nostre tavole insieme a quei vasi di ceramica per la colazione. E se il “Buon giorno” si vede dal mattino, allora non smettiamo di custodire in questi vasi preziosi e fragili, quali sono le nostre famiglie, quelle virtù che anche don Bosco ci insegnerà in questo tempo: la fede, la speranza, la carità, la prudenza, la temperanza, la fortezza e la giustizia. Esse vengono dal Signore, dalla sua Parola, che il Papa ha voluto mettere al centro della nostra attenzione in questa Domenica, ma che in realtà non dobbiamo mai perdere di vista. Guai a quelle famiglie che non custodiscono le virtù come un dono e come un tesoro prezioso: le virtù, come lingotti d’oro, vengono poste nelle nostre mani perché siano ben impiegate e portino tanta ricchezza non economica, anche se ce n’è sempre bisogno, ma soprattutto spirituale. Cosa farebbero le nostre famiglie se fossero ricoperte d’oro, ma mancasse l’amore. Eppure questo succede: cerchiamo la felicità nelle cose materiali e non ci accorgiamo di averla in quelle spirituali. Anche don Bosco ai suoi ragazzi, nella sua famiglia costituita attraverso l’oratorio, insegnava la bellezza e la preziosità delle virtù raccontando le visioni e i sogni che la Provvidenza gli ispirava durante le notti. Non era un sognatore svampito, un visionario sciocco e sprovveduto. Sapeva sognare in grande per i suoi ragazzi, perché fin da piccolo, nella sua famiglia aveva imparato a sognare e aveva appreso quei tesori preziosi che sono le virtù, i grandi valori cristiani che devono arricchire ogni famiglia. Chissà se nelle nostre famiglie questi valori sono già presenti? Conosco famiglie ben radicate su questi valori evangelici, altre un po’ meno, molte se li sono dimenticati, forse perché abbagliati dalla ricchezza materiale, dal successo, dall’invidia e gelosia, da ciò che li ha divise in se stesse o dalla comunità. Siamo vasi di creta, anfore pregiate e fragili, ma ricche all’interno di Dio, pronte ad accogliere oggi e sempre quell’acqua che diventerà il vino della passione, dell’amore, della felicità autentica se ascolteremo, come ha fatto don Bosco, ciò che Maria ci ordina per il nostro bene: «Fate quello che [Gesù] vi dirà».