Veglia Pasquale

11 aprile 2020

Luce, parola, acqua, pane e vino: sono questi gli elementi di questa Notte di Grazia, la Notte più importante, più santa, più bella. È la notte della Risurrezione. Dio si è fatto uomo nel bambino di Betlemme nella notte di Natale, perché in questa Notte, la Notte della Pasqua, risorgesse. Ecco perché questa Notte supera di grandezza quella del Natale: Dio si è fatto uomo nel Natale, perché l’uomo diventasse come Dio nella Pasqua, attraverso la risurrezione del Figlio suo. Questa è la Notte delle notti, questa è la Veglia delle veglie.

È la veglia fatta di luce. La luce è un elemento essenziale: consente alla natura di svilupparsi, all’uomo di operare, alla notte di essere meno opprimente. I bambini hanno paura del buio e vogliono la luce, i grandi che devono sbrigare le loro faccende o devono lavorare anche durante la notte hanno bisogno di luce; in questo periodo, purtroppo, c’è chi ha bisogno della luce sempre, perché ha paura di morire, ha paura del buio della morte. In questa Notte santa noi vogliamo celebrare il ritorno della Luce, quella di Cristo Risorto. Vogliamo con questa Luce posta al centro della nostra Chiesa, il cero pasquale, dire a tutti che Cristo ha vinto le tenebre, Cristo è Risorto, Cristo ha vinto la morte. Lui è la nostra luce, anche nei momenti di tenebra, nei momenti di paura, nei momenti di sconforto.

Quanto sconforto abbiamo provato e quanto ne stiamo provando in questo momento. Eppure, proprio quando avvertiamo questa angoscia o l’oppressione che ci stringe il cuore abbiamo bisogno di qualcuno che ci consoli, che ci faccia compagnia, che ci parli: ecco, in questa santissima Notte, in questa Santa Madre Veglia, Dio ci parla abbondantemente, narrandoci non cose del passato, ma la storia stessa della nostra salvezza dalle origini, del sacrificio di Isacco che ci parla dell’obbedienza incondizionata a Dio da parte di Abramo, del passaggio del Mar Rosso come liberazione del popolo eletto schiavo in Egitto che anticipava la nostra liberazione dal peccato e dalla morte nella e attraverso la Risurrezione di Cristo, quella risurrezione che il profeta Isaia preannunciava nei cieli nuovi e nel nuovo banchetto e di cui l’apostolo ce ne testimonia la fede. Quanta parola di Dio in questa Notte che non fa paura, perché Dio è al nostro fianco, il Signore Risorto ci parla ancora, perché Egli non è più morto, ma è vivo, è il Vivente e si pone accanto a noi per parlarci, accanto a questa umanità piegata dal dolore per ascoltare i nostri sfoghi, per farci riemergere dalla paura e dalla morte.

Si riemerge dall’acqua, proprio come facciamo in questa Santa Notte: nel fonte battesimale noi siamo stati portati per essere immersi nelle acque, segno di morte, e poter riemergere a vita nuova. Così infatti venivano battezzati i primi cristiani e lungo i secoli questa pratica venne mantenuta. L’acqua può essere segno di morte, se si pensa al soffocamento che ne consegue quando si sta sotto per troppo tempo, ma diventa segno di vita, perché senza acqua non viviamo, non vive la natura, non vive il mondo. Eppure c’è chi in questi giorni brama l’acqua perché si sente soffocare per via delle vie respiratorie ostruite che richiedono acqua che porti un po’ di sollievo. Nell’acqua siamo immersi, per morire al peccato e riemergere a vita nuova: una vita nuova che ci auguriamo di vivere dopo questi momenti, che speriamo siano solo una parentesi che si sta chiudendo; una vita nuova nel cuore e nello spirito; una vita che, immersa nell’acqua battesimale, sia purificata dalle menzogne, dalle cattiverie, dalla voglia di rivalsa e di odio che ci ha soffocato; per guarire da questi rancori non ci sono mezzi sanitari, ma solo la grazia di Dio. Mia nonna, quando ero piccolo e non prendevo parte alla Veglia pasquale, ci ha insegnato che quando slegavano le campane per l’annuncio di risurrezione, dal rubinetto del lavandino scendeva acqua benedetta e ci faceva lavare gli occhi. Ora, non so se nel momento in cui abbiamo sciolto le campane si sia ripetuta questa grazia, ma mi piace pensare che, oggi più che mai, questo sia avvenuto, e mi piace pensare che nel momento in cui benediremo l’acqua nel fonte battesimale e saremo aspersi di quest’acqua, anche nelle nostre case l’acqua sia benedetta, così da poter ricordare il nostro battesimo segnandoci col segno della croce e conservandola anche per la Messa e la mensa del giorno di Pasqua, perché il Risorto liberi le nostre case dal peccato che conduce il nostro cuore, come un virus, alla morte, non fisica, ma spirituale.

La Messa e la mensa: due cose diverse, ma uguali. Dopo esserci dissetati con l’acqua nuova del battesimo, il Signore ci invita alla Mensa dell’eucaristia: egli ci invita a fare festa con Lui risorto, perché Egli è vivo in mezzo a noi. L’eucaristia e i sacramenti sono il segno più grande della sua presenza viva in mezzo a noi. Facciamo il proposito in questa Notte santa di non restare mai più senza eucaristia e offriamo al Signore la nostra promessa come voto perché egli, il Risorto, ci liberi subito da questo male per tornare a fare festa con Lui, per tornare a lodarlo con parole, canti e gesti nella comunità che abbiamo imparato ad apprezzare e a desiderare in questo tempo austero. Promettiamo a Cristo risorto di non rifiutare mai più il suo invito domenicale alla Messa che è la mensa alla quale noi ci sediamo come nelle nostre case, per vivere l’amore di Dio che si dona a noi come pane spezzato e si riversa in noi come vino buono che da gioia. Promettiamogli, come voto, di non voler più fare a meno di Lui, non per comprare la sua Grazia, ma per viverla per sempre in un tempo nuovo che imploriamo ci possa donare in questa Notte di Risurrezione.