Pasqua
17 aprile 2022
Che corse quella mattina! Tutti corrono! Corre la Maddalena e corrono Pietro e Giovanni, l’una per avvisare i discepoli che il corpo di Gesù non c’è più, gli altri per constatare che quanto detto loro fosse vero. Tutti corrono, anche noi! Ma verso dove? verso che cosa? verso chi?
Il nostro mondo corre. Corrono i bambini, perché giocano e fanno a gara; anche i giovanotti corrono e anch’essi perché sono in gara gli uni con gli altri e ciascuno contro tutti, in gara a chi sia il più bello, il più bravo, il più capace, il più attraente, il più marcato, in guerra gli uni contro gli altri e contro il tempo pur dichiarandosi tutti grandi amici; i bambini, gli anziani, le famiglie intere corrono perché scappano dalla guerra che ogni giorno colpisce e non c’è più tempo per giocare o per gareggiare a chi sia più alla moda e faccia colpo sugli altri, perché i colpi sono bombe e le bombe distruggono, come si distrugge una relazione, un’amicizia, un rapporto quando nella vita non si corre più insieme sulla stessa strada, ma su strade diverse e verso mete diverse.
Se Pietro e Giovanni avessero preso strade diverse o avessero gareggiato a chi arrivasse per primo, molto probabilmente non saremmo qui a gioire per la Pasqua del Signore.
Se la Maddalena fosse tornata a casa sua amareggiata e delusa per non aver trovato il corpo del Signore e avesse tenuto per sé questa notizia, probabilmente nessuno ci avrebbe fatto conoscere Gesù Cristo e sperimentare la Risurrezione del cuore, almeno per ora, prima di poter godere di quella del corpo e dello spirito.
Se Giovanni, il più giovane, non avesse aspettato Pietro in quella corsa e non si fosse fermato davanti al sepolcro per lasciarlo passare avanti, in quanto più anziano e più coraggioso nell’entrare nella tomba di Cristo, nessuno avrebbe conosciuto il vangelo, perché non si sarebbero ricordati le parole che Gesù aveva detto loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Ecco: vivere nella Chiesa, essere Chiesa, stare nella Chiesa non è una competizione, ma un servizio; non è una gara, ma un annuncio; non è ricerca di prestigio, ma dono della propria vita, senza tornaconti, senza calcoli, senza misure.
Vivere nella Chiesa, essere nella Chiesa, stare nella Chiesa è come essere nello stadio: tutti corrono, tutti cercano la vittoria, tutti conseguono un premio; anche per i cristiani è così! Tuttavia, il nostro correre, la nostra competizione, il nostro fare a gara ha un senso ben più alto, che l’apostolo Paolo ha riassunto in poche parole: amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda.
Torniamo dal sepolcro con la trepidazione degli apostoli, con il desiderio di far conoscere a tutti la risurrezione di Cristo e la nostra. Corriamo non per competere, ma per annunciare a tutti che Cristo è risorto. Corriamo non per arrivare primi, ma per gareggiare nell’amarci a vicenda servendoci non gli degli altri, ma gli uni gli altri con stima e affetto fraterno, perdonandoci a vicenda, come Cristo ha perdonato noi, dando la sua vita per la Chiesa, sua amata e diletta sposa.
La tua sposa come vite feconda
nell'intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d'ulivo
intorno alla tua mensa. (Salmo 128,3)
La tua Sposa, o Signore,
la nostra Chiesa.
I tuoi figli, o nostro Dio,
ulivi fecondi per un Crisma
che profuma di santità.
Tutti, Sposa e figli,
intorno alla tua mensa
dove il pane dell'amore fraterno
e il vino del perdono vicendevole
ci rendono tua famiglia.
Risorti in Cristo Risorto.