III di Pasqua C

Domenica della Riconciliazione

1 maggio 2022

 

Meraviglia e inadeguatezza: sono i due sentimenti che si possono avvertire contemplando l’immagine evangelica della terza apparizione del Risorto in mezzo ai suoi apostoli.

Meraviglia per la perseveranza di Gesù, inadeguatezza per via della mia incapacità a seguire il Maestro.

Gesù, Risorto da morte, appare ai suoi apostoli la prima volta la sera di Pasqua nel cenacolo, entrando a porte chiuse; la seconda volta, otto giorni dopo, era presente anche l’apostolo incredulo; la terza volta appare sul lago di Tiberiade, detto anche mare di Galilea, forse – mi piace pensare – ancora otto giorni dopo, quasi a sottolineare l’importanza dell’ottavo giorno, il giorno della Risurrezione, il giorno della vita nuova, il giorno del per sempre. Sì, perché per sempre il Signore Risorto è con i suoi, con noi e con chi verrà dopo di noi. È il giorno che nessuno può dimenticare, anche se la maggior parte dei cristiani si scorda facilmente o preferisce non celebrarlo; altri vorrebbero tralasciare questo appuntamento dell’ottavo giorno, ma poi, per la strana voce della coscienza, lo vivono; una minima parte, ma buona, partecipa all’incontro con il Signore Risorto con gioia, con entusiasmo, con perseveranza.

La perseveranza. La troviamo in Gesù, che malgrado i tradimenti, gli abbandoni e il poco entusiasmo dei suoi amici più cari, non molla la presa. Dopo averli visti increduli la sera di Pasqua e, otto giorni dopo, incredulo anche il discepolo distrutto dal dolore, questa volta si trova a fare i conti con sette di loro che, seguendo Pietro, il capo degli apostoli, vanno a pescare. Li aveva costituiti pescatori di uomini e invece se li ritrova ancora pescatori di pesci; dovevano essere pieni di gioia per la sua risurrezione e invece li trova apatici, come niente fosse successo e niente fosse cambiato nella loro vita. E così si ritrovano tra le mani la rete vuota di una vita, senza accorgersi che quella stava diventando per loro la rete della Chiesa nella quale raccogliere centocinquantatré grossi pesci, simbolo delle nuove comunità che si sarebbero formate da lì a poco tempo. Gesù non si abbatte, persevera, e si presenta sulla riva del mare per confermarli nella fede, ridare loro slancio evangelico e perdonare le loro infedeltà.

Il perdono. Io non ce l’avrei fatta, io non ce la faccio, io non so se ce la farò. È questo il mio senso di inadeguatezza davanti alla misericordia del Signore che, malgrado i tradimenti dei suoi amici più cari, arriva e perdona. Perdona tutti, ma in modo speciale Pietro che poco tempo prima aveva dichiarato per tre volte, con una certa insistenza, di non conoscerlo. Gesù cosa fa? Gli chiede se lo ama. Figuriamoci se Pietro si tira indietro: certo, non dichiara di amarlo fino in fondo, di essere disposto a donare la vita per il Signore – perché questo significa amare una persona – ma almeno è convinto di volergli bene. E come per tre volte lo ha rinnegato, per tre volte Gesù, dopo averlo già perdonato la notte stessa del tradimento, lo conferma alla guida della sua Chiesa, al timone di una barca piena di tanti, tanti, tanti pesci. Pietro non riesce ad amare fino in fondo il Signore, non riesce a dirgli: «Ti amo», perché non è ancora pronto a donare la sua vita per il Maestro; ce la farà più avanti, quando, dopo aver predicato il Vangelo, fondato e guidato nuove comunità di cristiani, donerà la vita per Cristo, come Lui, sulla croce. Non ce la fa Pietro, tornato ad essere pescatore di pesci e non di uomini, tanto che Cristo lo chiama con il nome originario, Simone, quasi per andare a riprenderlo all’inizio della sua esperienza con Lui, per costituirlo di nuovo pescatore di uomini. Non demorde, Cristo, persevera. E Simon Pietro si lascia catturare ancora dall’amore del suo Signore.

Vivere il Sacramento della Riconciliazione significa proprio questo: tornare a Dio con la stessa energia di Pietro che, gettatosi dalla barca in mare, nuota verso il Risorto, per implorare il perdono che non si meritava. Non bisognerà attendere troppo, perché il perdono del Signore, davanti al nostro vero pentimento, è pronto, come pronto era il fuoco di brace sulla riva del mare, il fuoco dell’amore che il Signore ha in sé per bruciare il nostro peccato e scaldare il nostro cuore reso gelido e freddo dal male.

Torniamo al Signore per sperimentare la dolcezza del suo perdono; torniamo a Lui per fare esperienza della sua perseveranza nella misericordia e per essere noi stessi perseveranti non nel male, ma nel bene; torniamo a Lui perché nel Sacramento della Confessione diventiamo capaci di riconciliazione con Dio e con i fratelli. Forse faremo fatica, non sempre ci riusciremo, ma con la presenza del Risorto in noi, anche la nostra vita risorgerà e perdonarci a vicenda non sarà impossibile ma con la perseveranza esalteremo la nostra relazione con il Signore e con i fratelli nella sua e nostra Chiesa, perché solo riconciliandoci spesso con Dio gusteremo anche la riconciliazione tra fratelli. E questo succede nella Chiesa, per essere Chiesa.