Pentecoste A

28 maggio 2023

 

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Ma cosa ci facevano tutti insieme in quel luogo, cioè nel Cenacolo? Tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui (At 1,14).

È la preghiera che tiene unita la prima comunità cristiana attorno a Maria, la Madre. Lei, custode e protettrice dei suoi figli, li raduna perché solo nell’unità, nella concordia e nella pace possa prendere forma la Chiesa sotto l’azione dello Spirito Santo.

È la preghiera che ci raduna nell’unità di una sola famiglia, pur nella diversità e pluralità di molte lingue. È infatti per opera dello Spirito Santo che gli apostoli iniziano a parlare lingue che loro stessi non conoscevano e che prima di quel momento non sapevano nemmeno interpretare. È grazie allo Spirito Santo che ciascuno di noi può esprimere la propria fede in diversi modi, ma sempre e solo l’unica fede che lo Spirito esalta in noi; così come ciascuno di noi può pregare in diversi modi, esprimendo tuttavia l’unica vera fede nel Padre, nel Figlio, nello Spirito che si rendono presenti nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.

C’è chi prega la Liturgia delle Ore, chi prega il Rosario, chi innalza al Signore la preghiera del cuore, chi semplici orazioni imparate dai genitori e dai nonni, chi in un latino sgualcito, chi in italiano, chi prega la Parola di Dio meditandola nella Lectio Divina, chi attraverso il silenzio orante adora il Santissimo Sacramento presente nel Pane eucaristico: tutti, pur in diversi modi, pregano facendo convergere tutto nel momento più alto di preghiera che è la Messa domenicale o addirittura quotidiana, che nella comunione fonda la comunità e la comunità non può che essere fondata sull’unità dei suoi figli.

Sono dei ciarlatani quelli che osano dire che la fede è loro e la manifestano come vogliono, solo per avere una scusa pronta per non partecipare alla Messa e per la non voglia di mettersi in profonda relazione con il Signore mediante lo Spirito attraverso la preghiera. Chi pensa di vivere la fede a modo suo, che è diverso dal pregare in forma personale, ripropone ciò che era avvenuto all’inizio dell’umanità, quando tutta la terra aveva un'unica lingua e uniche parole. Si dissero l'un l'altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: «Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un'unica lingua; questo è l'inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro». Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.

Il fuoco di Babele serviva per costruire mattoni per una torre che aveva l’utilità di portare l’uomo a Dio, anche se in realtà l’uomo aveva la pretesa di essere come Dio, per questo Dio confonderà la loro lingua disperdendoli. Il fuoco dello Spirito nel giorno di Pentecoste servì invece per portare l’annuncio di Dio ad ogni popolo, raccogliendolo nell’unità di una sola comunità.

Babele è l’immagine del mondo di oggi, dove tutti vorrebbero toccare il cielo con un dito, essere onnipotenti come Dio e governare su tutta la terra, avere in mano pieni poteri e credere di essere immortali, tutto questo senza Dio. Lo Spirito Santo, radunando la nuova Gerusalemme sotto la guida degli apostoli ci porta a fare il contrario: immortali, ma grazie alla risurrezione di Cristo; capaci di prendersi cura della comunità, ma sotto la guida di coloro che lo Spirito, mediante l’azione dei vescovi, ha designato come pastori della comunità; onnipotenti, ma nel servizio e non nella prevaricazione di chi vuole decidere tutto per tutti, come i potenti della terra come ci vogliono far credere.

Avere un cuor solo e un’anima sola, camminando sinodalmente, cioè tutti insieme e non ciascuno per conto proprio, ci porta a sopportarci un po’ a vicenda, ma a manifestare la stessa fede. Per questo di una cosa c’è bisogno e che possiamo dirci gli uni agli altri: «Ti aiuto a pregare». Mogli che aiutano i mariti, mariti che aiutano le mogli; genitori che aiutano i figli, figli che aiutano i genitori; nonni che aiutano i nipoti, nipoti che aiutano i familiari; fratelli che aiutano i fratelli e amici che aiutano gli amici. Anche a pregare ci sia aiuta quando si prega insieme, quando non si va ognuno alla propria velocità, quando ci si aiuta sostenendosi gli uni gli altri pregando vicendevolmente per le gioie, i dolori, le fatiche e i bisogni gli uni degli altri. La preghiera, come la fede, non è mai un fatto personale: la mia fede arricchisce la tua e la tua arricchisce la mia; la tua preghiera aiuta la mia e la mia aiuta la tua.

Chissà quando potremo dire di aver compreso la bellezza della fede che altro non è che la meraviglia di essere cristiani insieme? Quando lavoreremo insieme a costruire non la torre di Babele, ma la comunità dei credenti che sanno tirar dentro anche coloro che han preferito andarsene. Come lavorare a tutto questo? Aiutandosi a vicenda, ricordando ancora una volta cosa disse il grande Bernardino da Siena: Se ti comporti con buona intenzione, tu preghi con operosità. Mentre lavori puoi pregare anche senza accorgerti. Se lavori bene preghi comunque; se preghi solo con la bocca non ti servirà: devi farlo con il cuore.