Messa di ringraziamento CRE

12 luglio 2023

 

Tu per tutti. Uno slogan.

Ma cosa significa? Cosa significa uno slogan se restano solo parole d’effetto?

Viviamo in  una società di grandi slogan pubblicitari, di grandi proclami che colpiscono occhi e mente, ma che non vanno al cuore cambiandolo.

Viviamo in una società di leviti e sacerdoti della legge che, vedendo, passano oltre senza prendersi cura di ciò che avviene.

Viviamo in un paese che a slogan pone al centro l’interesse comune, il bene sociale, l’armonia della comunità con grandi proclami, che si traducono poi nell’interesse personale o del proprio gruppo, perché siamo quei leviti e quei sacerdoti pontificanti che vedono e passano oltre pur di realizzare i propri interessi o quelli di parte.

Tu per tutti. Uno slogan o una buona notizia da mettere in pratica?

La carità di cui parla san Paolo spesso la esaltiamo, molte volte la condividiamo nei nostri proclami, altre volte la associamo soltanto a un’elemosina da fare per sentirci apposto in coscienza. In realtà la carità va ben oltre, non cerca l’interesse personale e di parte, non si siede a calcolare il proprio tornaconto, non si chiude in slogan e proclami che cercano consensi e fanno pubblicità.

Il CRE, pur essendo costituito da ragazzi in squadre, ha come prima finalità quella di andare oltre le squadre stesse, non per cercare amici del proprio gruppo nel quale si sta bene o persone con le quali condividere attaccamenti, ma per imparare a costruire una società e una comunità che guardi ai bisogni dell’altro, che vada incontro all’altro, che prenda sulle proprie spalle, ovvero nel proprio cuore, quelle persone, ragazzi e giovani, a cui nessuno pensa, che nessuno chiama a giocare, ai quali nessuno rivolge una parola. Quante volte queste belle frasi non hanno trovato vita in noi e quante altre volte invece abbiamo dimostrato che è possibile, aiutandoci reciprocamente nel bisogno, prendendoci cura gli uni degli altri.

Quanto è difficile la carità vera, quanto è difficile essere samaritani buoni in un mondo egoista e appariscente come il nostro.

Ma cosa abbiamo fatto di particolare in questo mese se non siamo scesi dal nostro cavallo, cioè da noi stessi, per farci incontro ai piccoli, agli esclusi, ai taciturni, ai ragazzi con qualche disabilità? Niente, avremo fatto niente di speciale se l’esperienza caritativa vissuta nel CRE attraverso i laboratori non ci ha segnato, non ha scalfito nei ragazzi e nei loro animatori un segno tangibile dell’amore di Cristo che, da vero e buon samaritano, ha preso su di sé la nostra umanità per farne una specialità.

Avremo invece compreso la specialità che si nasconde nelle persone quando non saremo passati e non passeremo oltre sogghignando delle difficoltà altrui, ridendo delle loro incapacità, prendendoci gioco delle disabilità e tutto ciò che avremo fatto o faremo non lo faremo per interessi personali che lasciano il tempo che trovano, come relazioni inconsistenti, ma diventeremo un Vangelo vivente, capaci di trasformare il cristianesimo, permettendogli di passare da parole e proclami, a vita concreta.

Tu per tutti. Non è uno slogan, ma la possibilità che ognuno ha di non guardare solo a se stessi, alle persone interessate e al proprio gruppo, sia esso di amici oppure parrocchiale, civile o sociale, ma di andar ben oltre, non con lo stile del levita o del sacerdote dell’antica legge ebraica, ma con lo stile di Cristo che sa prendersi a cuore le situazioni e le ferite più sanguinanti dei cuori altrui.

I ragazzi con diverse disabilità incontrati in queste settimane e con i quali abbiamo condiviso il nostro tempo ci interpellano nel profondo del nostro cuore e ci chiedono se siamo disposti oggi e sempre a scendere da noi stessi per farci vicino a queste ferite che il mondo di oggi vede, e pur vedendo passa oltre.

Allora quel “Tu per tutti” non sarà più uno slogan come tanti altri in questo nostro paese, in questa nostra società.