XV del tempo ordinario A

16 luglio 2023

 

Paolo, scrivendo ai primi cristiani di Roma, sostiene che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. Egli parla dell’ardente aspettativa della creazione che è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.

Quante aspettative abbiamo nella vita e quante volte ci siamo creati delle attese? Alcune di queste si sono realizzate, altre si sono tramutate in illusioni prima e in delusioni poi.

Ad esempio: a conclusione di un mese di CRE è facile tornare indietro e ripensare a quante e quali aspettative si erano create attorno a un evento tanto atteso dai più piccoli come dai più grandi. Riunioni per la formazione, giornate di preparazione, attesa del primo giorno, poi si parte. Addirittura c’è chi anche alcuni giorni prima chiede di poter essere inserito perché “non sa cosa fare quest’estate” e trova nel CRE una possibilità.

Possibilità e aspettativa: un binomio perfetto, perché dare una possibilità crea l’attesa di veder spuntare qualcosa di buono, qualcosa che dia valore alla possibilità data, qualche segno di maturità, di capacità, di passione. E mi ritrovo a ripetere più volte: c’è differenza tra il fare e il fare con passione. Il fare è una semplice azione, ma se ci si aggiunge la passione allora cambia il valore.

Si creano in noi delle aspettative per qualsiasi cosa, aspettative che vedono possibilità maturate e possibilità che ci si trova pentiti di aver dato; possibilità da rinnovare e possibilità che sono diventate solo una fregatura.

L’attesa di san Paolo è alta, perché se l’aspettativa della creazione è così ardente, tanto più la possibilità sarà alta, perché la creazione stessa non va verso un nulla, un vuoto, un fallimento, ma va verso Dio che rivela la sua gloria nei suoi figli.

Come faccio io, pessimista come sono, ad avere ancora aspettative, quando vedo molta fiacchezza, spesso furbizia, non poco menefreghismo? Come faccio ad avere ancora attese buone quando ci si imbosca dietro altri impegni risultati poi posticipabili? Come faccio ad avere ancora aspettative buone se dopo un continuo ripetere le cose nulla cambia? Come faccio io, come fa ciascuno di noi, come fanno le persone sempre positive nelle loro prospettive?

Ed ecco che il Maestro arriva con la sua risposta a tutte queste domande sulle aspettative e sulle possibilità: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un'altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l'accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Mi stupisce la capacità di aspettativa di quel seminatore, come mi stupiscono le alte aspettative che il Signore ha su di me e che sicuramente deluderò, mi meraviglio delle grandi attese che ha su ciascuno, sui nostri ragazzi in particolare. Non riesco e faccio fatica a comprendere la pazienza dell’agricoltore che semina e aspetta che il buon seme, sparso in ogni parte del campo, da quella arida a quella fertile, possa germogliare.

Allora non mi resta che trasformare le mie aspettative, circa le capacità migliori, in particolare di ogni ragazzo, in seminagione del Vangelo, perché diventi passione per le cose belle della vita: non so se avrò il tempo di vedere germogliare qualcosa di buono, ma poco importa, perché ciò che conta, scrive ancora san Paolo, non è chi semina o chi irriga, ma è Dio che fa crescere (Cf. 1Cor 3,8).

E speriamo davvero che il raccolto sia abbondante.