Natale 2023

 

 

Carissimo Bambino di Betlemme,

siamo usciti dalle nostre case per entrare nella tua e poterti guardare con gli stessi occhi di Maria, tua e nostra madre che, dopo essersi alzata in fretta per andare dalla cugina Elisabetta per assisterla nel parto di Giovanni Battista, ora ti ha dato alla luce e con meraviglia ti contempla, non solo come suo figlio, ma in quanto Figlio di Dio.

 

Anche noi, questa notte, vogliamo contemplarti con occhi meravigliati e con un cuore aperto, anzi, spalancato come una grande porta dalla quale entrare per avvicinarci, accarezzarti, stringerti al nostro cuore e cullarti. Forse i cardini sono un po’ arrugginiti e facciamo fatica a spalancare la porta del nostro cuore. Senti? Cigolano ancora. Donaci l’olio della grazia che hai portato sulla terra, perché il nostro cuore non sia più chiuso a chi bussa alla nostra vita per trovare un po’ di consolazione e di speranza alle disperazioni o alla solitudine che dilaga. Infondi nel nostro spirito il tuo Spirito che, come olio lucente, scioglie la ruggine che ci blocca e ci impedisce di accorgerci di coloro che, dietro le porte delle loro abitazioni, ci chiedono di entrare per fare loro compagnia.

 

Bambino, al di là della porta vediamo una distesa: muoviamo i nostri passi ed entriamo nel deserto dell’essenzialità quotidiana, quell’essenzialità di cui si era rivestito il Battista, della quale facciamo fatica noi a rivestirci. Siamo pieni di tutto, di ogni cosa, di troppe cose. Nel deserto della vita viviamo senza badare a spese. Ai nostri figli non vogliamo far mancare nulla pur di tenerli al passo con i tempi e magari strisciamo la lingua a terra pur di arrivare a fine mese, ma non riusciamo a trasmettere che non sono le cose materiali a far felici l’uomo, ma gli affetti, le relazioni vere, le amicizie giuste, l’amore e la carità che ci fanno crescere e che ci contraddistinguono come tuoi veri discepoli, capaci di essenzialità per vedere coloro che soffrono, anziché essere offuscati dal mercato spropositato di questo nostro mondo, vecchio, ma sempre in corsa.

 

 

 

 

Vedi, Bambino, ci nascondiamo dietro tanti oggetti, dietro alla tecnologia di oggi, dietro a un bisogno di apparenza che crediamo ci rendano felici. Facciamo fatica a comprendere che la vera gioia sei Tu e che la vera gioia viene da te. Abbiamo bisogno di sperimentare la semplicità dei pastori accorsi alla tua culla, per ritrovare in noi la gioia vera che illumina il nostro cuore e i nostri volti, quella gioia che ci sembra di gustare quando, dopo un lungo cammino nel deserto, entriamo in un’oasi di pace, alla quale abbeverarci e dissetarci. Parliamo sempre di pace che, questa notte più che mai, invochiamo sulla tua santa terra, eppure siamo sempre sul piede di guerra gli uni contro gli altri; siamo sempre arrabbiati, tristi, malfidenti, sospettosi, pronti a litigare per ogni minima divergenza. Donaci la pace cantata dagli angeli e dacci il coraggio di portare la gioia che tu ci doni a chi è nella sofferenza, nella tristezza, nella disperazione, attraverso una parola buona, una vicinanza vera, un sostegno disinteressato.

 

Tenerissimo Bambino, mi chiedo come sia possibile tutta questa carità, se appena entriamo nella città degli uomini troviamo solo frenesia, apatia, indifferenza. Usciamo da casa per entrare in negozio, nel bar, nei luoghi di scuola e di lavoro e non riusciamo nemmeno a guardarci in faccia per un accenno di saluto; camminiamo per le strade dei nostri paesi e città e abbiamo la mente occupata dalle tante, troppe cose da sbrigare, dalle faccende da sistemare, da un mondo da salvare. Anche in questo caso ci dimentichiamo che il mondo l’hai già salvato Tu, salendo in croce e risorgendo per noi. Vogliamo sempre occupare i primi posti in tutto: sul pullman, nei parcheggi, in ufficio e in azienda, nel rendimento scolastico senza passare per secchioni e poi, al compagno vicino di banco, che non riesce a comprendere bene la lezione, perché ha qualche difficoltà, giriamo le spalle e ce ne freghiamo, del collega di lavoro in crisi economica non vogliamo saperne, alla nonnina che deve attraversare la strada con una borsa piena di spesa non ci badiamo e passiamo oltre, del ragazzino escluso da tutti non osiamo nemmeno pronunciare il nome, tanto da chiamarlo: “Quello là”.

 

Bambino, è così difficile l’arte della carità, quella che non si fa impietosire dai farabutti e dagli approfittatori, ma che ci spinge da chi ha veramente bisogno del nostro aiuto, del nostro sostegno, della nostra presenza? Dove possiamo coltivare la bellezza della carità?

 

Carissimo uomo,

Io Sono la Carità. Io Sono il tuo Dio che per te mi sono fatto Bambino, perché contemplandomi nel presepio che san Francesco ideò 800 anni fa e che ancora oggi costruisci con cura e affetto nelle tue case, tu possa apprendere l’arte di amare, l’arte della carità, quella che ti fa alzare lo sguardo per entrare nella casa di chi hai accanto, non con occhi curiosi, schifati o giudicanti, ma con gli occhi di chi ama, di chi dona il proprio tempo e le proprie capacità a servizio dei fratelli, perché in quei fratelli io abito. Lasciami entrare nella tua casa e scoprirai con meraviglia che la vera ricchezza non sono i soldi che tieni in cassaforte, l’argenteria e i monili che pulisci e porti con fierezza e nemmeno il cellulare di ultimo grido che stringi tra le mani. Io Sono la ricchezza che costituisce e tiene salda la tua famiglia, Io Sono l’amore che vince i diverbi, Io Sono la carità che potrai mettere in pratica a partire dai tuoi genitori, giovani o anziani che siano, sani nel corpo o malandati per vecchiaia o malattia. Allora potrai uscire dalla tua casa e accorgerti di chi soffre, di chi sta male, di chi è solo, di chi non ha più persone che lo amino.

Esci, o uomo, esci dal presepio adesso, esci da questa mia casa nutrito di me alla mensa della mia Parola e del mio Pane spezzato e vedrai quanti piccoli gesti di attenzione riuscirai ad attuare, senza che alcuno ti costringa a metterli in pratica, senza aspettarti ricompense e plausi: Io Sono la tua ricompensa, Io Sono l’amore, Io Sono la tua carità.

 

Buon Natale, uomo.