V di Quaresima B

17 marzo 2024

 

Dalla verità al giudizio è un attimo. Se la presunta verità umana deve essere sempre vagliata, come ogni notizia che ascoltiamo, del giudizio c’è poco da vagliare: è sempre diretto, al massimo può essere frainteso. Spesso con i nostri giudizi ci ergiamo a detentori della verità assoluta, dimenticandoci che è il Signore la Verità e non deve essere nemmeno dimostrata, diversamente non sarebbe Dio. L’uomo, invece, ascolta molte parole, voci, leggi e verità ed è chiamato a giudicarle, perché nulla di ciò che è umano è passibile di certezza assoluta. Spesso però, anziché essere giudici imparziali di ciò che ascoltiamo, diventiamo giudici spietati con chi ci sta di fronte. È il caso delle notizie, delle chiacchiere, di quello che si dice in giro: crediamo proprio a tutto e non ci viene in mente di chiederci cosa sia vero. Ascoltiamo molti messaggi, ma non osiamo contrastare. Solo quando veniamo toccati sul vivo, perché pare – e sottolineiamo il pare – abbiano espresso una parola sulla nostra persona, allora, senza verificare la veridicità, ci scagliamo con giudizi pesanti e offensivi che distruggono non quanto presumibilmente sia stato detto, ma la persona o le categorie di persone. Come non ricordare le parole contenute nel Piccolo Principe: “È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito. È una follia condannare tutte le amicizie perché una ti ha tradito, non credere in nessun amore solo perché uno di loro è stato infedele, buttare via tutte le possibilità di essere felici solo perché qualcosa non è andato per il verso giusto. Ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza. Per ogni fine c’è un nuovo inizio”. Quante spine abbiamo ricevuto e subito il giudizio ci ha portato a vedere in tutte le rose il male di questo mondo, quante persone ci hanno deluso e il giudizio ci ha portato a non fidarci più di alcuno, quante amicizie ci hanno tradito e il giudizio ci ha portato a non volerne più, quante parole ci hanno ferito e il giudizio ci ha portato a chiuderci in noi stessi. Ma anche quanti giudizi abbiamo ascoltato e quanti se ne ascoltano che finiscono col ferire e far fare all’uomo scelte sbagliate e azzardate. È il caso del bullismo aperto o in rete. Basta accendere e accedere a un telefono cellulare: quanti giudizi, spesso affrettati, hanno portato molte persone e molti ragazzi a compiere atti irreparabili.

«Oggi una ragazza della mia città ha cercato di uccidersi. Ha preso e si è buttata dal secondo piano. No, non è morta. Ma la botta che ha preso ha rischiato di farle perdere la spina dorsale. Per poco non le succedeva qualcosa di forse peggiore della morte: la condanna a restare tutta la vita immobile e senza poter comunicare con gli altri normalmente". "Adesso sarete contenti", ha scritto. Parlava ai suoi compagni. Allora io adesso vi dico una cosa. Quando la finirete? Quando finirete di mettervi in due, in tre, in cinque, in dieci contro uno? Quando finirete di far finta che le parole non siano importanti, che siano "solo parole", che non abbiano conseguenze, e poi di mettervi lì a scrivere quei messaggi – li ho letti, sì, i messaggi che siete capaci di scrivere –. Quando la finirete di dire "Ma sì, io scherzavo" dopo essere stati capaci di scrivere "non meriti di esistere"? Quando la finirete di ridere, e di ridere così forte, quando passa la ragazza grassa, quando la finirete di indicare col dito il ragazzo "che ha il professore di sostegno", quando la finirete di dividere il mondo in fighi e sfigati? Che cosa deve ancora succedere, perché la finiate? Che cosa aspettate? Che tocchi al vostro compagno, alla vostra amica, a vostra sorella, a voi? E poi voi. Voi genitori, sì. Voi che i vostri figli non sono quelli capaci di scrivere certi messaggi. O quelli che ridono così forte. Quando la finirete di chiudere un occhio? Quando la finirete di dire "Ma sì, ragazzate"? Quando la finirete di non avere idea di che diavolo ci fanno otto ore al giorno i vostri figli con quel telefono? Quando la finirete di non leggere neanche le note e le comunicazioni che scriviamo sul libretto personale? Quando la finirete di venire da noi insegnanti una volta l'anno (se va bene)? Quando inizierete a spiegare ai vostri figli che la diversità non è una malattia, o un fatto da deridere, quando inizierete a non essere voi i primi a farlo, perché da sempre non sono le parole, ma gli esempi, gli insegnamenti migliori? Perché quando una ragazzina di dodici anni prova a buttarsi di sotto, non è solo una ragazzina di dodici anni che lo sta facendo: siamo tutti noi. E se una ragazzina di quell'età decide di buttarsi, non lo sta facendo da sola: una piccola spinta arriva da tutti quelli che erano lì e non hanno visto, non hanno fatto, non hanno detto». Queste sono le parole che la professoressa Galliano rivolge ai suoi studenti, compagni di classe della ragazza che ha tentato il suicidio. Nelle chat archiviate la polizia ha trovato i discorsi fra lei e i suoi amici più fidati, dove la ragazza esplicitamente li implora di aiutarla. Ma purtroppo i ragazzi, non prendendola sul serio, cercano invano semplicemente di rassicurarla. […] I genitori all'oscuro di tutto ricevono un duro colpo difficile da superare. Si interrogano su come per tutto questo tempo sono potuti essere così ciechi, da non vedere il dolore e la profonda tristezza della ragazza (Il caso di Pordenone, fonte Wikipedia). Questa vicenda avvenuta anni fa potrebbe essere verificata, qualche giornale ne ha parlato, ma la verità è una sola ed è attuale: ascoltare un giudizio brutale e cattivo fa male.

Ora a noi: dove è la carità cristiana che ci porta ad ascoltare le parole di Gesù: «Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me»? Qual è il giudizio di Dio? «Tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande - oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato». Il giudizio di Dio è la misericordia e il perdono, ma dove non c’è misericordia e perdono non c’è la pace del cuore e dove non c’è la pace del cuore non c’è vita, ma solo l’ombra della morte. Il Signore, giusto giudice, che usa misericordia e perdono verso i suoi figli, desidera che i suoi figli vivano la misericordia e il perdono che vince ogni giudizio cattivo, ma soprattutto impedisce ogni giudizio cattivo che, una volta ascoltato, porta l’uomo contro l’uomo e lo immerge in una sfera di attacchi che l’uno dopo l’altro portano alla distruzione vicendevole. Là dove c’è ascolto reciproco c’è carità e dove c’è carità c’è amore fraterno e dove c’è amore fraterno ci sono giudizi buoni e non atroci, giudizi che incoraggiano a fare il bene e non il male, giudizi che fanno star bene e che non fanno star male. Chissà quando l’uomo comprenderà che dal male non viene il bene, ma che solo dal bene può venire altro bene? Mettiamoci in ascolto del prossimo con lo stile della carità, per vincere i pre-giudizi e donare gioia, serenità, ottimismo, fortezza, costanza, con mansuetudine e magnanimità nei nostri giudizi. Mettiamoci nella disposizione del chicco di frumento: morire a se stessi per vivere, servire Cristo nei fratelli per essere giudicati degni della ricompensa eterna.