IV di Quaresima B

10 marzo 2024

 

Chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio, dice Gesù. Che cos’è la verità? Sarà la stessa domanda che Pilato porrà a Gesù, senza avere una risposta, nel momento dell’interrogatorio al quale seguirà la condanna. Che cos’è la verità? Sarebbe troppo restrittivo rispondere che la verità è assenza di bugie o, forse, sarebbe più facile chiedere cosa sia una bugia: avrebbe come risposta l’assenza di verità. Gira e rigira torniamo sempre alla stessa domanda: che cos’è la verità?

È inquietante il dialogo tra Gesù e Ponzio Pilato, tuttavia ci fa comprendere che a questa domanda non si può rispondere semplicemente e banalmente. Gesù, attraverso la sua volontà di non rispondere a questa domanda, sembra dire al governatore: «La verità sta davanti ai tuoi occhi, devi solo riconoscerla». La Verità, dunque, non è qualcosa e la domanda è posta male; la Verità è qualcuno e la domanda deve suonare così: Chi è la Verità?

Cristo è la Verità e secondo il suo Vangelo siamo chiamati ad andare verso la luce, quella che illumina ogni cuore. Quante verità ascoltiamo dalla televisione o dalla radio, ma anche quante notizie false ci vengono propagate e spacciate per vere. Difficile è capire dove sia il falso e dove sia il vero e in un tempo nel quale crediamo a tutto è ancor più complicato discernere la verità.

Cosa significa allora udire, ascoltare la verità? Significa mettersi in ascolto della Parola, della Voce, della Legge che non sbaglia, che non delude, che non fa credere qualcosa e invece è altro. È Cristo questa Verità che illumina il nostro cuore, non per farci capire se una notizia data da telegiornali o radiogiornali sia vera o falsa, ma per metterci nella condizione di dire la verità, ma soprattutto di farla. Lui stesso ci ha detto: «Chi fa la verità viene verso la luce». La verità allora è uno stile, è un comportamento, è una parola donata. Contrario alla verità c’è solo l’inganno di chi non è sincero con se stesso e con gli altri, cercando di fregarli per ottenere qualcosa o qualcuno, per ottenere successo, apprezzamento, gloria terrena e umana, ma anche denaro, potere, apparenza. E per questi obiettivi l’uomo è pronto a svendere qualsiasi falsa verità, pronto, non a usare carità, ma a rovinare la vita degli altri a favore della propria. C’è chi si diverte a diramare notizie false, chi invece si batte per un giornalismo che abbia il compito di informare come stanno le cose; c’è chi sui mezzi di comunicazione a qualsiasi verità deve trovare il suo opposto o un motivo per contrastare ciò che vien detto e chi, diversamente, svolge bene il suo lavoro andando oltre gli attacchi mediatici; c’è chi cerca la mediazione attraverso la discrezione e il rispetto e chi non vede l’ora di usare TV e radio per divulgare falsi annunci che rovinino la vita delle persone. Che cos’è la verità?

26 giugno 2001. Mi trovavo alla guida della mia automobile, una FIAT Cinquecento color verde acqua. Avevo appena terminato il CRE in una parrocchia di Bergamo e con un giovane stavamo tornando da una commissione che ora non ricordo. Fermatomi a un incrocio per svoltare, attendevo che la corsia di marcia opposta fosse libera. Stavo iniziando il mio movimento, quando sentivo un forte rombo che mi avvolgeva e in un attimo una motocicletta urtava il parafango anteriore della mia auto e vedevo scivolare a terra moto e motociclista, finendo sul marciapiede al di là della carreggiata. In centro Bergamo, in estate, anche all’ora di cena si vedono persone camminare sui marciapiedi, anche su quello dove il motociclista terminava la sua corsa. Qualche secondo, solo qualche secondo per accorgerci dell’accaduto e subito scendevamo dalla vettura per andare in soccorso del malcapitato, al quale chiedevo come stesse e se non mi avesse visto. Risposta: «No». Dal retro della mia auto vedevo spuntare un signore che si dirigeva verso il ragazzo ancora a terra e gli consegnava un biglietto da visita, perché – saprò dopo – se avesse avuto bisogno di un testimone sarebbe stato disponibile. Detto fatto. Qualcuno chiamava un’ambulanza e qualcun altro i vigili: l’una portava in ospedale il giovane e gli altri stilavano la constatazione. Fin qui l’incidente, ora il proseguo. Visitai il ragazzo più volte in quelle settimane dopo l’operazione all’omero rotto per la caduta; al suo fianco la fidanzata, con la quale voleva metter su casa, e un altro giorno la mamma. Continuai a tenermi in contatto, premuroso della sua condizione, fino a quando, qualche settimana più tardi, venni a sapere da un’infermiera che conoscevo, che fu dimesso, ma al telefono non rispondeva più. La sorpresa arrivò qualche mese più tardi: mi denunciò per tentato omicidio stradale e omissione di soccorso, con una richiesta di risarcimento di quattrocentomila euro. Chiesi al mio avvocato che probabilità avessi di vincere la causa sentendomi nella parte della ragione, non avendo commesso alcuna infrazione. Mi disse: «L’1%. Quando si è nel torto, si passa alle denunce». Il giovane aveva infatti denunciato una mia improvvisa inversione a U, che io non avevo compiuto, ma – guarda caso – nessuno aveva visto niente, tranne il testimone misterioso. Venne il giorno della convocazione in tribunale, un paio d’anni dopo: il testimone, pensando di dar ragione al ragazzo, testimoniò inavvertitamente la verità, fatta ripetere dal giudice più di una volta, la verità che dava ragione a me: il giovane motociclista aveva superato la riga di mezzeria in prossimità di un incrocio per sorpassare e all’udienza finale il giovane non si presentò. Denuncia ritirata e tutto si concluse senza altre conseguenze penali. Avrei potuto continuare e ribattere con una controdenuncia, ma mi sono chiesto: perché aggiungere male al male?

In un mondo che vuole sorpassare Dio con la menzogna, le false promesse di felicità, le finte attese di benessere, che cos’è la verità? È innanzitutto uno stile di vita che, prima di guardare a sistemare se stessi, pensa a non rovinare gli altri: anche questa si chiama carità.