XXIII del tempo ordinario A

10 settembre 2023

 

Mettere in guardia qualcuno che ci sta molto a cuore l’abbiamo fatto chissà quante volte. Essere ascoltati e seguiti nel consiglio dato ci piacerebbe, non per un interesse personale, ma in virtù di quell’amore vicendevole che ci spinge a mettere in guardia chi non vede i rischi anche evidenti, perché non vorremmo si facesse troppo male lungo il cammino. Ma si sa: anche qualche sbucciatura sulle ginocchia o qualche ferita del cuore hanno aiutato molte persone a crescere e ad aprire gli occhi resi bui dalle illusioni. Questo pensiero non è altro che la parafrasi di quanto il Signore ci ha detto per mezzo del suo profeta Ezechiele: «O figlio dell'uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d'Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia». E Gesù aggiunge: «Se il tuo fratello commetterà una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità».

La posta in gioco però che il Signore Dio vuole mettere in evidenza non è tanto la risposta dell’altro al consiglio, quanto alla nostra capacità e prontezza di dare buoni e saggi avvertimenti anziché far finta di niente e tergiversare. Non solo. Dio ci ritiene addirittura responsabili delle cadute dell’altro se, avendo la possibilità di ragguagliarlo, non l’abbiamo fatto. Egli per bocca del profeta ci ha ammonito: Se io dico al malvagio: "Malvagio, tu morirai", e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te.

È più facile pensare dentro di noi: «Ma che si arrangi». Certo è che anche questo l’abbiamo fatto tante volte. Insomma: dai e dai, se proprio non vuole capirla, quel «ma che si arrangi» è più che lecito. Ma proprio perché la nostra attenzione non è posata sulla risposta al nostro consiglio, ma sulla capacità di darne, allora comprendiamo che la carità va ben oltre la ricezione del consiglio dato. Scrive a tal proposito l’apostolo Paolo: Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell'amore vicendevole; perché chi ama l'altro ha adempiuto la Legge. Cosa costa dare buoni consigli, cosa ci vuole a dare buone indicazioni, cosa ci costa a mettere in guardia da qualcosa di losco? Niente, anche se in realtà pesa l’orgoglio di essere ascoltati o la delusione di essere rifiutati. La carità di cui si fa voce Paolo ci deve invece caratterizzare per evitare altre espressioni tipiche di chi non vuole giocarsi la faccia, nascondendosi dietro il classico: «Tanto è inutile: non mi ascolta», oppure: «Chi sono io per dire qualcosa?», o ancora: «Ci penserà qualcun altro». La carità che Paolo ci chiede di usare, quella che non fa alcun male al prossimo, mette in guardia noi stessi, ciascuno davanti a Dio, proprio perché Dio stesso ha detto: «Io domanderò conto a te».

La carità cristiana, come già ricordato, ci smuove verso il prossimo non per tornaconto personale, ma per l’amore fraterno che ci caratterizza in Cristo. Poi è chiaro che se il prossimo o quella persona alla quale teniamo tanto vuole perseverare nello sbaglio o percorrere quella strada dissestata che presto la porterà a fare i conti con delusioni o situazioni dolorose, beh, il «si arrangi» viene motivato da Gesù stesso, quando dice: «Se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano»; un modo articolato, ma ben comprensibile, del nostro classico e forse troppo usato: «si arrangi».

In poche parole l’amore vicendevole non deve essere finalizzato a qualcosa che ci fa comodo e proprio per questo non deve essere amministrato col contagocce. Poi se questa benedetta carità viene recepita e accolta tanto meglio per chi la riceve, più che per chi la offre, ma se non viene accolta ed è rifiutata, dopo aver fatto e detto quanto potevamo fare e dire, allora sì, pazienza: sarà il Signore stesso a far in modo che non vada perduta o cada nel vuoto, perché sarà lui stesso a far comprendere al nostro prossimo la giusta strada da seguire, anche attraverso qualche sbucciatura che sanguinerà, rafforzerà e farà crescere.