XXVI del tempo ordinario A

1 ottobre 2023

 

Spesso ci capita di mettere a confronto i fratelli, vedere le differenze tra l’uno e l’altro, esprimere addirittura un giudizio chi sia il più bravo, il più obbediente, il più giudizioso. Gesù l’ha fatto fare ai sacerdoti e agli anziani del popolo raccontando loro la parabola dei figli del padrone della vigna che, invitati dal padre a lavorare nella sua vigna, diedero risposte diverse, come diverso è stato poi l’atteggiamento rispetto alla risposta data. Infatti, il primo non voleva, ma poi pentitosi ci andò, il secondo, pur accogliendo l’invito del padre, ci ripensò e in quella vigna non mise piede.

È facile avere la stessa determinazione dei capi e degli anziani del popolo giudaico nel dire che il più bravo è stato il primo perché, pur non avendo voglia, alla fin fine a lavorare ci è andato.

Se noi ci fermassimo qui non avremmo compreso nulla del vangelo, perché la questione non è chi di noi è il più bravo, quello obbediente, quello che ascolta sempre e fa’ la volontà del padrone e riceve elogi, encomi, applausi. La posta in gioco è andare a lavorare nella vigna del Signore. Spesso capita di rivolgere questo invito a qualcuno, ma la risposta è sempre la stessa: «Non riesco», «Non ho tempo», «Non sono in grado», «Ho già tante cose mie da fare», e avanti con altre simili.

Prendiamo ad esempio la pulizia della chiesa o dell’oratorio: quanti sono stati gli avvisi diramati per chiedere un aiuto, necessario anche per un naturale avvicendamento, ma la risposta è stata pari a un’indifferenza globale. Eppure passando per la strada vedo bar sempre pieni di persone che, non mi sembra, abbiano tutto loro da fare. Allora mi chiedo: perché siamo tanto capaci di giudicare quel figlio che ha detto di andare a lavorare nella vigna, ma poi non ci è andato, se della stessa indifferenza godono le nostre comunità? Perché se si tiene chiuso l’oratorio per un motivo o per l’altro, per maleducazione di qualche ragazzo o perché c’è una processione o un momento di preghiera, allora insorgono i genitori perché viene meno un servizio – che fa comodo – ma di quei genitori nessuno è disponibile per il semplice servizio di pulizia degli ambienti o un altro servizio, quale il bar ad esempio, o anche solo per seguire i ragazzi stessi affinché si comportino bene? Eppure, passando per la strada, vedo i bar sempre pieni.

Questo discorso vale per le tante mansioni e i tanti servizi che una comunità richiede se non vuole cadere nel rischio di diventare una vigna abbandonata, nella quale alla vite si attorciglierà la zizzania e i corvi la devasteranno: l’ambito della carità con l’ascolto e l’attenzione al prossimo, l’ambito della liturgia con la proclamazione della Parola di Dio da parte di lettori o del canto anche attraverso l’accompagnamento dei cori, l’ambito della catechesi per i più piccoli o dei gruppi biblici dell’ascolto e della meditazione della Parola di Dio per gli adulti, ma anche nel servizio dell’educazione e della guida dei più giovani, non solo perché facciano qualcosa per poi dire loro che sono stati bravi, ma perché imparino a prendersi a cuore la comunità nei diversi ambienti, facendola fiorire di risorse e di responsabilità. Tutto ciò non solo in riferimento alla comunità ecclesiale, ma anche a quella civile per quanto riguarda l’amministrazione o la vita sociale nelle diverse associazioni.

Perché non avvenga che pian piano la vigna sia abbandonata, c’è urgente bisogno di spogliarsi della mentalità corrente, quella cioè del menefreghismo e della delega: è facile ed è sempre più diffuso il concetto che ciò in cui non si è coinvolti non è oggetto di interesse, oppure che per una questione o per l’altra c’è sempre qualcuno che ci pensa. Eppure, se manca un servizio, qualsiasi esso sia, sono tutti capaci di lamentarsi. Ma delle lamentele abbiamo già parlato nella “pagina precedente”. Abbiamo bisogno di rivestirci degli stessi sentimenti di Cristo – ci ha detto l’apostolo Paolo – che ci spinge a donare la vita come ha fatto Lui, prendendo seriamente in considerazione che il suo mistico corpo, la Chiesa, ha necessità della passione di tutti e non solo di qualcuno. Scrive infatti Paolo: Ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l'interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù.

A Maria nessuno ha detto di visitare la cugina Elisabetta, ma di sua spontanea volontà si alzò in fretta e corse dall’anziana parente per esserle accanto nel momento del bisogno. Che l’esempio di Maria ci stimoli ad alzarci in fretta e ad abbandonare le comuni convinzioni e il diffuso disinteresse e ad educare a vivere questo stile di passione per la vigna del Signore.

La questione, allora, non è chi è più bravo e chi meno, ma le domande che ciascuno deve porsi oggi stesso sono queste: quanto ho a cuore la mia comunità? Quanto sono disposto a servirla senza prevalere su alcuno? Quanto o in cosa posso impegnarmi nella vigna del Signore?