Commemorazione di tutti i fedeli defunti

2 novembre 2023

 

La beatitudine che ci aspetta nei cieli, con Maria e tutti i santi, e che possiamo pregustare su questa terra nella celebrazione della Messa, diventa stimolo per l’atto più grande di carità che possiamo compiere per i nostri cari defunti. Forse, banalmente, pensiamo per loro di non poter più alcuna cosa. Di fronte alla morte di una persona cara siamo soliti dire: «Non c’è stato più nulla da fare»: questo ci aiuta a riflettere sul fatto che, se umanamente non c’è stato più nulla da fare per impedire il sopraggiungere della morte, in quanto cristiani e credenti nella risurrezione di Cristo ci apriamo a una carità che sembra sciocca, o così potrebbe apparire agli occhi degli stolti: il nostro suffragio. Così parla il libro della Sapienza: Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace.

In virtù di questa parola, non ci consideriamo stolti. Anche se il dolore per il distacco è presente in noi, la pietà cristiana ci porta sulle tombe dei nostri cari per deporre un lume, segno della fede, e un fiore, simbolo della vita, mentre i fratelli ebrei, ad esempio, sulla tomba dei propri cari depongono una pietra, un sasso, per perpetuare l’esistenza della tomba. La concezione cristiana è ben diversa: non conserviamo una tomba, ma in quel luogo, apparentemente di morte, vediamo la custodia per un corpo destinato alla risurrezione. Dunque il gesto di accendere un lume e deporre fiori sulle tombe dei nostri cari non è banale: non serve a custodire una memoria, ma a tenere acceso il desiderio di vita eterna, in quei nuovi cieli e quella nuova terra che l’apostolo Giovanni ha previsto nell’Apocalisse.

Un gesto, un segno, un atto che risponde a Cristo quando dice: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia».

La carità è verso i vivi, ma proprio perché crediamo che i nostri morti vivono in Cristo, il nostro amore ci spinge ad elevare per loro suppliche e preghiere di suffragio. Far celebrare Messe per i nostri morti non è una questione economica, come probabilmente qualcuno intende – «Quanto devo dare per una Messa?» – ma anche questo gesto diventa quanto mai significativo: non è tanto il pagare una Messa, ma il donare qualcosa di proprio privandosene a favore dell’anima di un defunto. Non è la quantità economica a salvare i nostri cari e non c’è salvezza in base alla quota versata, ma è il gesto compiuto che, come già detto, porta l’uomo a privarsi di qualcosa per offrire se stesso in favore del proprio defunto attraverso la preghiera sacerdotale e il sacrificio eucaristico. Come non ricordare infatti che, dopo aver offerto il sacrificio eucaristico, il sacerdote dice: «Ricordati, Padre, dei nostri fratelli e sorelle che si sono addormentati nella speranza di risorgere: ammettili alla luce del tuo volto». Insomma, non si paga il prete perché preghi al nostro posto, ma si diventa partecipi della stessa preghiera che coinvolge tutta la comunità, affinché i nostri cari siano spinti, dalla nostra carità, verso la gloria eterna.

Non dimentichiamoci che se vogliamo essere beati su questa terra – «Beato te: ti va bene ogni cosa», diciamo –, tanto più lo vogliono essere i nostri cari defunti in cielo. E se davvero li amiamo, dobbiamo compiere quelle opere di misericordia che vanno oltre il semplice seppellire i morti, ma ci vedono impegnati in gesti di carità prima e dopo, perché sarà proprio la carità a spalancare le porte del cielo, ora ai nostri cari defunti e un giorno anche a noi, perché «tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me», dice il Signore.