XXXIII del tempo ordinario A

19 novembre 2023

 

Che stranezze si leggono nella Bibbia. Il libro dei Proverbi elogia la donna forte, la donna che procura felicità al marito e alla famiglia, la donna che lavora, la donna che tende la sua mano al prossimo. Strano per il nostro tempo, nel quale si esalta la donna bella, quella influencer, quella che non fa niente da mattina a sera ed è piena di soldi perché testimonial di grandi marche, di prodotti non essenziali per la vita umana, ma che creano indotto, quella che fa beneficienza, ma solo per far parlare di sé.

Se l’immagine della donna forte elogiata dai Proverbi è la prefigurazione della Chiesa nata dal fianco di Cristo, quella dei nostri giorni è l’elogio di una società sempre più consumistica anche in termini carnali, più appetibile agli occhi e agli ormoni.

La differenza sta nel fatto che la prima, quella forte esaltata dalla Bibbia, continua nel tempo, anche ammaccata, sgangherata, piena di cavilli e di peccati, ma santa perché sorretta da Dio, mentre quella dei nostri giorni passa con il transitare del tempo e della moda, quella che più nessuno ricorderà, perché ce ne sarà sempre una dopo l’altra da guardare, usare e abusare. Questa società che la gente d’oggi esalta dicendo: «C'è pace e sicurezza!», deve anche ricordarsi che d'improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ci ricorda ancora l’apostolo Paolo: Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre.

Gozzovigliare, darsi alla pazza gioia, guardare al mondo che va avanti e non curarsi delle cose eterne è proprio del momento; carpe diem – ci viene detto – cogli l’attimo, non preoccuparti del futuro, perché ciò che conta è vivere il presente; cosa succederà domani si vedrà.

Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Cosa ne facciamo di questi talenti? Spenderli subito o impiegarli? Impiegarli o spenderli subito? È qui la differenza che passa tra la donna forte e la donna bella, tra quella che si dedica alla felicità della famiglia e quella che appare per essere ammirata, tra quella che aiuta il prossimo e quella che sperpera per sé. Sta qui la differenza tra la Chiesa che annuncia il Vangelo della vigilanza e la società che diffonde messaggi di arroganza, tra la donna Maria che non perde un attimo per andare a tendere una mano a Elisabetta e la società di oggi che coglie l’attimo senza pensare al domani. Noi siamo immersi tra l’attimo da non perdere e l’attimo da cogliere, tra il pensare al domani per impiegare al meglio i nostri talenti a servizio di un’umanità che ha bisogno di progetti belli, persone forti, uomini e donne felici e nascondere le capacità che abbiamo pensando solo a noi stessi, ai nostri comodi e a ciò che ci fa piacere oggi, perché domani sarà quel che sarà.

I talenti: c’è chi ha ricevuto di più e chi ha ricevuto di meno. Diremmo che siamo nell’ingiustizia più assoluta, perché tutti in questo mondo devono ricevere la stessa paga, la stessa retribuzione, la stessa quantità di denaro. Siamo subito pronti a fare queste lotte, ma ci dimentichiamo che ciascuno ha le proprie capacità, chi più in una cosa e chi meno e chi invece più in un’altra e chi meno. Qui non si tratta di economia retribuita o di giustizia sociale, ma di mettere a frutto quanto il buon Dio ci ha donato di compiere. Allora la questione cambia, perché fino a che si tratta di prendere, siamo tutti sul piede di guerra per dimostrare i nostri diritti, quando invece dobbiamo mettere a fuoco i nostri doveri o le possibilità, allora passiamo dall’essere persone forti all’essere persone affascinanti, di quelle che non devono sporcarsi troppo le mani altrimenti i video e le fotografie escono male.

Andiamo, in fretta, a sistemare i talenti. Colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Sono andati quei servi a sistemarli; andiamo anche noi, ricordandoci però che, quel giorno, dovremo tirare le somme davanti al nostro Dio, che è sì misericordioso, ma anche giusto. Potremo dire: «Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque» e sentirci rispondere: «Bene, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo Signore». Oppure potremo ribattere: «Signore, ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo». Cosa pensate che possa risponderci? Ci verrà detto: «Servo malvagio e pigro; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti"». Perché a chi più ha, più gli viene dato? Non sarebbe più giusto dare a chi ha meno? Non si sta ragionando secondo la logica del denaro, del successo, della visibilità. Ciò che ci viene dato in abbondanza è solo pura gioia, gioia eterna, felicità a non finire. Infatti chi si impegna per il regno di Dio non potrà che conseguire e abbondare nella gioia, perché nella vita è stata una persona forte, perché ha teso una mano, perché è andato a impiegare i propri talenti anche a favore del prossimo; al contrario, non potrà che restare con le mani in mano chi ha colto solo l’attimo, l’occasione per apparire, per guadagnare e sperperare andando a sotterrare le capacità che Dio gli ha donato per lasciare spazio alle gioie effimere, quelle che passano con la notorietà e con il tempo.