II del tempo ordinario B

14 gennaio 2024

 

Ci sono vicende, espressioni, persone che infondono tenerezza. Pensando al piccolo Samuele, che la madre Anna aveva offerto al Signore come gratitudine per averle tolto la vergogna della sterilità, non si può che restare colpiti dal suo atteggiamento. Egli sentendosi chiamare corre da Eli, il sommo sacerdote ormai anziano, e si mette a sua totale disposizione, ignaro del fatto che sia il Signore a chiamarlo. In realtà Samuèle fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore, ci dice la Scrittura. Aveva bisogno dell’intuizione del vecchio saggio Eli per conoscere la voce del Signore; una voce alla quale Samuele non si sottrae, tanto da rispondere: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta».

Questa vicenda ci rimanda a fatti reali, quotidiani e domestici. Tutti abbiamo imparato a riconoscere la voce di nostra madre e nostro padre, dei familiari più stretti e, via via, delle persone che ci hanno circondato e ci circondano, di quelle alle quali vogliamo bene e persino di quelle che fatichiamo a sopportare. Non è solo una questione di orecchio, ma soprattutto di cuore. L’orecchio, infatti, porta alla nostra mente il suono della voce e il cuore ne riconosce la persona, attivando in noi diversi sentimenti. Abbiamo imparato a riconoscere le persone grazie ai nostri genitori; abbiamo imparato a riconoscere la voce grazie alla persuasione e alla costanza dei nostri cari che ci hanno insegnato a riconoscere le persone con le quali ci siamo interfacciati. Uno sconosciuto non sarà mai accolto da un bambino, anzi, tenderà a respingerlo o a piangere nel sentire la sua voce e nel vedere il suo volto.

Memori della nostra infanzia e dell’infanzia dei nostri bambini, comprendiamo come Eli diventa la figura di ogni genitore e di ogni familiare, di ogni educatore e di ogni maestro che insegna ai più piccoli a conoscere e riconoscere, per imparare a distinguere le persone familiari. Eli è la figura di ogni genitore ed educatore, di ogni padrino e madrina che aiuta i nostri piccoli a riconoscere la voce e la chiamata del Signore e, riconoscendola, a rispondere prontamente.

In un mondo come il nostro, pieno di voci e di rumori, pieno di personaggi pubblici che influenzano la mentalità dei nostri ragazzi, è difficile, molto difficile udire la parola del Signore. Non è un caso che al piccolo Samuele Dio si riveli di notte, nel suo tempio, quando la lampada è ancora accesa. È il tempo del silenzio, il tempo nel quale le orecchie e il cuore sono a riposo e ogni rumore, come ogni voce, è ben udibile. Abbiamo bisogno di silenzio, ne hanno bisogno i nostri ragazzi, per saper ancora udire la chiamata del Signore, come egli si manifestò a Samuele. Infatti, venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuèle, Samuèle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole. C’è urgente bisogno di genitori, padrini e madrine, educatori di ogni genere che, come Eli, aiutino i ragazzi a riconoscere il Signore presente nella loro vita; genitori, padrini e madrine ed educatori che aiutino i ragazzi a riconoscere la voce del Signore che li chiama a seguirlo in mezzo alla tante, troppe voci banali e volgari di questo mondo che vengono da cantanti, usurpatori dell’intelligenza, banditori di felicità. Abbiamo urgente bisogno di educatori che abbiano il coraggio di educare e, come Eli o Giovanni Battista, sappiano indicare nel Signore la vera felicità da seguire, da servire, da desiderare. Il Battista, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 

Abbiamo anche bisogno di curiosità, non tanto per i pettegolezzi del mondo, le notizie di paese, gli aggiornamenti delle riviste e quelle virtuali che riguardano i personaggi più o meno famosi, quanto la sana curiosità verso il Signore, la stessa che portò i primi discepoli a chiedergli: «Rabbì - che, tradotto, significa maestro - dove dimori?». Chiedere al Signore dove abita, dimostra tutto il desiderio di vivere con Lui. Egli disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Benché i discepoli avessero chiesto il luogo dove abitasse, il Vangelo ci riporta l’ora nella quale è avvenuto l’incontro: le quattro del pomeriggio. È l’ora dopo le tre, l’ora decima dopo l’ora nona. Le tre del pomeriggio – sappiamo – è l’ora nella quale Cristo si manifesterà sulla croce in tutto il suo amore. Le quattro è l’ora della merenda, del caffè, del thè in compagnia delle persone care, intime, quotidiane, è il tempo dell’ordinarietà, perché è il tempo nel quale scoprire l’amicizia dei discepoli con il loro Signore. Ed è solo stando con lui, seguendolo in ogni passo che arriveremo a contemplare quel dono di Sé che farà di noi uomini e donne felici di donarsi al Signore servendolo nella vita e nelle relazioni di ogni giorno, quelle che avremo imparato a riconoscere e quelle che il Signore porrà sul nostro cammino, simpatiche o meno simpatiche che siano. Per comprendere il suo dono d’amore manifestato sulla croce, per seguirlo e servirlo, riconoscendolo nelle persone e nelle vicende più ordinarie e quotidiane, dovremo prima di tutto aprire, anzi, spalancare le orecchie e il cuore alla chiamata del Signore, per poi rispondere: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta».