IV del tempo ordinario B
28 gennaio 2024
Gesù insegnava. E più restavano stupiti, più insegnava. Più lo guardavano con occhi sorpresi, più insegnava. Gesù non si ferma di fronte alla folla che sembra non comprendere questi suoi modi di insegnare, di rapportarsi a loro. Gesù non demorde, non lascia stare, pur sapendo che non sarebbe stato compreso, tant’è che sarà uno spirito maligno a confessare la sua vera identità di Figlio di Dio, perché gli uomini, ancora immersi tra lo stupore e l’incredulità, non riuscivano proprio a riconoscerlo.
Questo ci deve incoraggiare: non dobbiamo smettere di insegnare in questo mondo fatto di persone e personaggetti che hanno l’arroganza, la presunzione o più semplicemente l’ingenuità di pensare di essere i maestri di questo tempo, che a suon di stupidaggini credono di essere i nuovi profeti del presente e del futuro. Non serve contrastarli con parole ancor più arroganti o restare scioccati di fronte a quanto dicono, ma è necessario assumere lo stesso stile di Cristo che, malgrado lo stupore o forse la perplessità del popolo, continua a insegnare, a insegnare, a insegnare la vera Parola, quella di Dio.
Cosa insegniamo? Se un anno fa a quest’ora, guardando alla figura del grande don Bosco, ci lasciavamo spronare nell’insegnare a pregare, oggi guardando a lui vogliamo intraprendere un breve tratto di strada che ci aiuti a vivere lo stile cristiano nella vita e nelle relazioni quotidiane, insegnando a fare anche noi ciò che ha fatto Maria, ciò che ha fatto don Bosco, ciò che fanno ogni giorno tutti gli uomini e le donne di buona volontà: salutare. Maria, dopo essersi alzata in fretta (una fretta che era desiderio di farsi prossima), e dopo essere entrata nella casa di Elisabetta, la salutò. È un semplice gesto di carità quello del saluto, che costa nulla. Spesso lo dimentichiamo o volutamente lo evitiamo. Salutarsi non è solo un puro gesto di educazione; quello che Maria ha vissuto e che don Bosco ha insegnato è un avvicinamento al prossimo con lo stile del Signore che si è fatto a tutti vicino senza escludere nessuno. Così Maria nel suo saluto non ha portato la sua parola, ma la Parola di Dio che in Cristo si stava facendo carne in Lei. Così ogni educatore, come don Bosco, non deve solo dire che salutarsi è segno di buona educazione, ma possibilità di portare una parola buona, qual è il Vangelo, attraverso un semplice e comune gesto di carità cristiana.
Ogni genitore sa bene che molte cose dovrà ripetere quasi allo sfinimento, come può essere l’insegnamento del saluto, e ogni educatore è ben cosciente che ogni insegnamento non viene recepito subito, ma ci vuole del tempo per essere appreso; non dobbiamo demordere: Cristo che lo ha insegnato, Maria l’ha messo in atto, don Bosco l’ha trasmesso. Anzi, proprio attraverso un saluto Giovanni Bosco ha saputo catturare l’attenzione di molti ragazzi, portandoli al Signore e ponendoli sotto il manto sicuro di Maria Ausiliatrice, come ci ha insegnato a chiamare la nostra madre celeste. E chissà quante volte ha invocato la stessa capacità caritatevole di Maria, chissà quante volte ha invocato il suo aiuto, perché la stessa sollecitudine che era in Maria verso Elisabetta, fosse nel suo cuore verso i ragazzi più difficili di quel tempo. Non c’è nella storia un tempo migliore e un tempo peggiore, ogni tempo ha le sue bellezze e le sue fatiche, come oggi, così come nel passato. Insegnare la bellezza che vinca le brutture di questo mondo, la verità che vinca le menzogne, la carità che vinca l’apatia, la serietà che vinca la banalità: questo ha fatto Cristo, questo ha fatto don Bosco, questo ci ha mostrato Maria in un semplice gesto, quale la sua visita alla cugina.
Non dobbiamo demordere, anche se la carità, come la fede, ha i suoi prezzi da pagare, le sue fatiche da superare, i suoi insegnamenti da trasmettere, anche quando di fronte c’è stupore, che oggi chiamerei più menefreghismo.
Dio Padre ha suscitato nella storia della salvezza profeti che parlassero a nome suo, Cristo ha chiamato apostoli a seguirlo per inviarli a portare il suo Vangelo, lo Spirito Santo oggi suscita ancora nel cuore di molti ragazzi il desiderio di servire il Signore nella vita sacerdotale e religiosa, tuttavia lo spirito di questo mondo spesso prevale e i buoni desideri non vengono coltivati e quindi non portano a maturazione i semi di vocazione posti dal Signore nel cuore di molti. Non demordiamo, ma continuiamo a insegnare e – come don Bosco – a entrare in relazione con i nostri ragazzi, partendo da un semplice saluto, per portare loro il Signore, per far scoprire ciò che lui ha posto nel loro cuore, perché ci siano ancora oggi ragazzi e ragazze, uomini e donne di domani che, attraverso un semplice saluto, possano catturare coetanei, persone di ogni età e portali al Signore, ma anche portare loro il Signore, come ha fatto Maria, come ha fatto il grande don Bosco, come possiamo fare noi, oggi, senza aspettare domani.