Domenica di Pasqua

31 marzo 2024

 

Quei piedi lavati e rigenerati la sera dell’ultima cena, sono gli stessi che per paura si sono dileguati nascondendosi in chissà quale anfratto durante l’atrocità della passione e della morte e sono gli stessi che corrono al sepolcro per constatare che il luogo dove il corpo di Cristo era stato deposto ora è vuoto. Sono i piedi degli apostoli Pietro e Giovanni che non sono rimasti inermi all’annuncio dato loro da Maria Maddalena che, prima tra tutte,porta ai discepoli l’annuncio della Risurrezione. Sono i piedi di chi ha udito l’esultanza di un annuncio mai ascoltato, mai sentito, mai udito.

I nostri piedi hanno sperimentato l’acqua dell’amore di un Dio che nel Figlio Gesù Cristo si è chinato sulle nostre fatiche e sulle nostre reticenze, hanno percorso la via della passione e con Maria hanno sostato ai piedi della croce, hanno accompagnato il Cristo al sepolcro, questi nostri piedi ora corrono, perché la gioia del cuore è incontenibile, corrono per dare a tutti l’annuncio di una nuova vita, l’annuncio della Risurrezione, l’annuncio della vittoria di Cristo sulla morte.

I nostri piedi, animati dalla fede, corrono per le vie della carità vicendevole per annunciare ai portoni dell’esistenza che in Cristo la vita ha trionfato, la sofferenza e il dolore lasciano il posto alla speranza nuova, la solitudine è abitata da una nuova presenza, la puzza di morte è stata sopraffatta dal profumo di un nuovo giorno. Ascoltiamo il suono delle campane a festa che annunciano a cristiani e non solo che la vita non è in potere della morte, che anche dove si odono notizie di violenza, guerra e atrocità c’è la possibilità di risorgere e di trasformare l’odio in amore, l’individualismo in solidarietà, la cattiveria in amore sincero.

L’annuncio che Maria Maddalena corre a dare ai discepoli è lo stesso annuncio che siamo chiamati a portare ai nostri familiari, ai nostri amici, ai nostri vicini di casa, ma soprattutto è l’annuncio di gioia e di esultanza che non possiamo non portare a chi ancora vive nella sofferenza, quella che impedisce di udire la gioia vera, la speranza nuova, la carità perfetta.

Corriamo anche noi oggi a regalare un augurio di buona Pasqua a coloro che fino ad oggi abbiamo faticato ad incontrare, a coloro che sappiamo essere sbarrati dietro la porta di casa, a quanti sul nostro pianerottolo o nella nostra via non vedono altro che le mura di casa, perché nessuno si prende cura di loro. Corriamo dai compagni che sempre mettiamo da parte, dai giovani chiusi in se stessi che non hanno amici, perché nessuno li vuole; corriamo dai nonnini che attendono un parola buona, una parola nuova; corriamo senza inciampare negli ostacoli dell’egoismo e del menefreghismo; corriamo senza sosta, perché l’annuncio di Pasqua non può fermarsi tra i pettegolezzi del paese, tra le chiacchiere di ogni giorno, tra i giudizi affrettati e le voglie di vendetta. Corriamo senza stancarci a dare il lieto annuncio con una carezza sul viso a chi ha ricevuto dalla vita solo percosse, con un segno tangibile di carità cristiana, con una gioia che si senta e si oda da lontano in questo mondo così stordito da malelingue, violenze e guerre. Corriamo a portare un annuncio di pace salutando chi non ci saluta, incontrando chi ci volta le spalle, rappacificandoci con chi siamo in guerra. La carità è innanzitutto un annuncio di novità e non la solita elemosina fatta più per sensi di colpa.

Su corriamo, non tentenniamo. Chi ha tempo non aspetti tempo, perché il tempo passa inesorabile e lo udiamo dal ticchettio di un orologio; perché, ricordati, che il tempo che hai perduto – donato – per la tua rosa ha fatto la tua rosa così importante (dal Piccolo Principe).